20 novembre 2023 – Ha respirato per oltre 20 anni le fibre d’amianto presenti negli ambienti della Camera dei deputati, presso la quale lavorava in qualità di dipendente. Rossella Tonini è morta all’età di 65 anni per colpa di un mesotelioma inesorabile e i suoi familiari attendono ancora giustizia. A questo caso è stato dedicata ampia parte della puntata di Radio ANMIL Network dello scorso 15 novembre.
“La Camera dei deputati non risponde a meccanismi della magistratura ordinaria – spiega Giuseppe D’Ercole, già presidente del Fondo vittime dell’amianto – ma è retta dal principio dell’autodichia” (ovvero dalla facoltà, di cui godono alcuni organi costituzionali, di decidere autonomamente e in deroga al principio di separazione dei poteri i ricorsi avanzati dai propri dipendenti avverso atti di amministrazione prodotti dagli organi stessi).
“Succede, dunque, che prima una sentenza della Commissione giurisdizionale della Camera dei deputati e, dopo, una seconda sentenza della Commissione d’appello rigettino la richiesta di riconoscimento dell’esposizione all’amianto avanzata dalla famiglia di Rossella – continua D’Ercole – e questo malgrado le ricche documentazioni e certificazioni avanzate dai più illustri luminari della medicina del lavoro e dell’igiene industriale consultati in merito”.
Tra queste perizie figura anche il parere del consulente tecnico d’ufficio nominato appositamente dallo stesso Collegio giurisdizionale e un secondo parere, altrettanto favorevole, del dipartimento di Epidemiologia dell’Asl 1 di Roma, struttura responsabile del Centro operativo regionale del Lazio, incaricato di studiare i fenomeni e di approfondiee l’eziologia dei tumori professionali.
Dunque, nonostante questa ampia mole di attestati prodotta dai più importanti professionisti, ricercatori, tecnici e professori universitari, i deputati hanno sempre tenacemente manifestato il proprio parere contrario al riconoscimento della malattia della signora Tonini.
“A partire dal 2017 mia moglie ha cominciato a sentire le forze venirle meno – racconta il marito, Antonino Bertoloni Meli – Saliva le scale a fatica e, lei che era una sportiva, si stancava subito giocando a tennis o andando in bicicletta. Dopo una prima visita ha scoperto dalle lastre che la parte sinistra dei polmoni era come se fosse sparita, come se non ci fosse più. Così è andata alla clinica Quisisana, a Roma, presso il professor Martelli, un luminare molto noto, che ha disposto immediatamente un intervento di talcaggio” (si tratta dell’immissione di polvere di talco nebulizzato nel cavo pleurico, solitamente mediante toracoscopia, al fine di ridurre il volume di versamento pleurico e le sue recidive).
Dopo questo primo intervento, ormai messa in guardia sulla malattia derivata dall’amianto e sollecitata da colleghi sindacalisti e funzionari, ha fatto ricorso. Ma senza ottenere nulla.
“La Camera è stata piena di amianto – continua Antonino – L’amianto copriva i termosifoni, le finestre e i finestroni delle stanze, era praticamente ovunque. Il motivo per cui è stato rifiutato il nostro ricorso è che non si è riuscito a stabilire in quale ambiente esatto lavorasse mia moglie, ma saperlo era inessenziale proprio perché l’amianto friabile era dappertutto. Dal punto di vista giurisdizionale con la Camera ormai abbiamo chiuso. Nel frattempo, però, abbiamo scoperto che un deputato da quasi 20 anni in attività alla Camera è stato colpito anch’egli da mesotelioma e abbiamo deciso, così, di riprendere la nostra battaglia. Non potendo più ricorrere alla Camera abbiamo fatto un esposto penale ed è stato nominato un pm. Adesso stiamo aspettando di vedere se questo pubblico ministero accoglierà le nostre sollecitazioni. Resta da evidenziare come i deputati attuali non sappiano nulla del problema dell’amianto alla Camera, argomento di cui non si parla e il cui solo caso risaputo è quello di mia moglie”.
Eppure, sostiene D’Ercole, è proprio la Camera ad avere prodotto nel 1997, a cinque anni dalla legge che ha disposto la dismissione dell’amianto, i principali documenti probatori.
“Da queste attestazioni emergono come i vecchi copritermosifoni dismessi fossero composti da amianto friabile al 100% – afferma – Usurati e spezzati, polverizzati o sbriciolati con la semplice pressione delle dita, hanno liberato nell’aria almeno 180 kg di questo materiale, una quantità enorme. Una realtà che ci è stata confermata dalla testimonianza del responsabile degli impianti di manutenzione che ha attestato che, a metà delli anni Ottanta, furono rimossi da una squadra di 20 operai almeno 800 pannelli”.
Alla luce del deputato deceduto anch’egli per mesotelioma si è aperto adesso un nuovo capitolo di questa vicenda. “Non vogliamo in alcun modo anticipare il giudizio della Procura preposta alle indagini e continueremo a mantenere la volontà di Rossella di tenere un basso profilo – conclude Antonino Bertoloni Meli – Non cerchiamo clamore, ma giustizia. Questa storia di sicuro non finisce qui e contiamo sul fatto che le istituzioni abbiano alla fine il coraggio di guardare in faccia la verità”.
Storia di Rossella Tonini, uccisa dall’amianto
