Prato, ancora una storia di violenza in una pelletteria

Roma, 19 maggio 2021 – Turni massacranti, anche fino a 15 ore, per sei giorni la settimana e, nei confronti un operaio, anche punizioni corporali in tre circostanze: schiaffi e cinghiate sulle mani per la “non perfetta esecuzione delle mansioni affidategli”. È quanto emerso da un’indagine della Guardia di Finanza di Prato, così si spiega in una nota delle fiamme gialle, sulle condizioni lavorative in una pelletteria di Poggio a Caiano in provincia di Prato. L’azienda, intestata a un prestanome che è stato denunciato, sarebbe stata gestita di fatto da una coppia di coniugi cinesi, ora agli arresti domiciliari in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare. L’inchiesta, coordinata dalla procura pratese, è nata dalla denuncia fatta, tramite la Cgil, da tre operai di origine africana: sarebbero stati almeno 18, per lo più cinesi, spiega la Guardi di finanza, i lavoratori sfruttati in tempi diversi.
Le indagini, condotte dai finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria di Prato e alle quali hanno collaborato nella fase finale Asl, Inps e Ispettorato del lavoro, avrebbero portato alla scoperta che gli operai, a fronte dei “turni massacranti fino a 12 ore, con punte di 15”, avevano stipendi mensili di circa 800 euro “corrisposti in modo irregolare, nessuna garanzia in termini di tutele sindacali e in tema di malattia, riposi settimanali, tredicesima e ferie”. I militari avrebbero poi “rilevato l’utilizzo di macchinari non conformi alla normativa sulla sicurezza”. Parte dei lavoratori era inoltre “alloggiata in dormitori funzionali al sito di produzione, caratterizzati da condizioni igienico-sanitarie carenti e da sovraffollamento”. Quanto alle punizioni corporali sarebbero state inflitte a uno degli operai di origine africana, in almeno tre circostanze dalla donna arrestata. La coppia orientale, tra l’altro inquadrata come dipendente, avrebbe anche “operato precedentemente, in una sorta di continuità aziendale, attraverso altre imprese dislocate nel medesimo immobile, una subentrata all’altra con nuova denominazione e partita Iva, al fine di sottrarsi ai controlli delle istituzioni ed ai debiti maturati con l’erario”. Eseguito anche un sequestro preventivo di beni – tra cui denari, una villa e un terreno – finalizzato alla confisca del profitto del reato di evasione fiscale, per un importo complessivo pari a 902 mila euro, corrispondente al totale delle imposte sottratte all’erario. Denunciati anche due imprenditori italiani che avrebbero sub commissionato alla pelletteria orientale la produzione di borse e accessori “così utilizzando la manodopera sfruttata”. La denuncia nei loro confronti è scattata perché per gli inquirenti sarebbero stati “consapevoli”, dello “sfruttamento cui i lavoratori venivano sottoposti”.