Muore per amianto, Difesa pagherà oltre 1mln di euro

Roma, 31 agosto 2022 – Ammonta a un milione e 300mila euro, il risarcimento accordato ai familiari di un marinaio napoletano, il sottufficiale della Marina Militare Camillo Limatola, deceduto all’età di 59 anni nell’agosto del 2013, a causa di un mesotelioma che, secondo l’autorità giudiziaria, è stato causato dall’esposizione all’amianto.
Lo scorso 27 luglio, il Tribunale di Roma aveva condannato il Ministero della Difesa perché, spiega il giudice nel dispositivo di sentenza, era frequente la presenza della cosiddetta “fibra killer” negli ambienti frequentati dal marinaio motorista.
A peronare la causa della famiglia della vittima è stato l’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), presieduto dall’avvocato Ezio Bonanni, il quale ha definito la sentenza “fondamentale per il riconoscimento anche del danno psicologico sofferto dai familiari delle vittime”.
Il giudice Claudio Patruno ha evidenziato l’assenza di fornitura di tute, guanti e maschere filtranti , oltre alla mancanza di “adeguati sistemi di depurazione dell’aria, o sistemi di isolamento sicuro del minerale”. “L’attività dell’equipaggio imbarcato – scrive il giudice – avveniva inoltre in locali abbastanza angusti, cosa che favoriva un’alta concentrazione delle fibre di amianto nell’aria”.
Limatola ha lavorato per la Marina Militare tra il 1973 e il 1978, nella base militare della Maddalena, in Sardegna. Dopo avere fatto tappa nella base di Napoli, città di cui era originario e in cui vive tuttora la vedova, venne imbarcato sull’incrociatore Vittorio Veneto.
La diagnosi del mesotelioma che l’ha condotto alla morte risale al 2011: prima di morire era riuscito ad ottenere il riconoscimento di vittima del dovere e la liquidazione della speciale elargizione e dei doverosi riconoscimenti ai familiari, ottenuti dopo le diffide dell’Osservatorio di cui è presidente Bonanni, legale della vedova e dei due figli di Camillo.
“Anche nella sede della base della Marina Militare di Napoli – si legge – il minerale era stato ampiamente utilizzato, sia in forma compatta che fibrosa, ed anche in questa sede il personale lavorava senza adeguata protezione. La situazione della base di Napoli è stata peraltro confermata dalla documentazione di indagine della Procura della Repubblica di Padova”.