Mercato del lavoro, per l’Istat donne penalizzate

21 ottobre 2020 – Il Presidente dell’ISTAT Gian Carlo Blangiaro in un’audizione della Commissione Affari sociali della Camera ha affermato che la presenza di figli ha “Un effetto non trascurabile sulla partecipazione della donna al mercato del lavoro soprattutto quando i figli sono in età prescolare”. “Se ci si concentra sulle donne in età tra i 25 e i 49 anni – ha detto – il tasso di occupazione passa dal 71,9% registrato per quelle senza figli al 53,4% per coloro che ne hanno almeno uno di età inferiore ai 6 anni; la situazione più grave, ancora una volta, si osserva nel Mezzogiorno, dove lavora solo il 34,1% delle donne 25-49enni con figli piccoli, contro il 60,8% del Centro e il 64,3% del Nord.
Lo svantaggio femminile – sostiene il Presidente dell’Istituto di statistica che fa presente come il livello medio di istruzione sia ormai più alto per le donne che per gli uomini – si riduce all’aumentare del livello di istruzione, sia delle donne rispetto agli uomini, sia di quelle con figli piccoli rispetto a chi è senza figli.
“Rispetto all’Ue28 – ha precisato – in Italia è maggiore l’incidenza di donne che non hanno mai lavorato per occuparsi dei figli (11,1% a fronte di un 3,7% per il complesso dell’Unione), un fenomeno che, insieme all’interruzione lavorativa, riguarda quasi esclusivamente il sesso femminile.
Nel Mezzogiorno, questa condizione ricorre per una donna con almeno un figlio su cinque. Anche tra le madri laureate è molto più frequente la presenza di donne che non hanno mai lavorato, in particolare per prendersi cura dei figli, oppure che abbiano hanno avuto per questo motivo una interruzione lavorativa.
“La conciliazione delle esigenze di vita e di lavoro – ha spiegato – è un’area particolarmente critica per il nostro Paese. Le ragioni vanno ricercate nella scarsa disponibilità di servizi per la prima infanzia, nell’insufficienza di investimenti in politiche per la conciliazione, nell’organizzazione del lavoro delle imprese ancora molto rigida , in una ripartizione del lavoro domestico e di cura all’interno della famiglia ancora squilibrata a sfavore delle donne, che costringe spesso le madri a rimodulare le attività extradomestiche in funzione del lavoro di cura”.