Roma, 9 ottobre 2020 – Attraverso il messaggio n. 3653, l’INPS ha voluto chiarire diverse possibili fattispecie relative al riconoscimento della tutela previdenziale della malattia in caso di isolamento e quarantena derivanti da positività o presunzione di positività al Covid-19.
In caso di quarantena/sorveglianza precauzionale, è stato in primis chiarito come queste, in relazione a soggetti fragili, non configurino un’incapacità temporanea al lavoro per una patologia in fase acuta tale da impedire in assoluto lo svolgimento dell’attività lavorativa, bensì situazioni di rischio per il lavoratore e per la collettività che il legislatore ha inteso tutelare equiparando, ai fini del trattamento economico, tali fattispecie alla malattia e alla degenza ospedaliera. Dunque, non è possibile ricorrere alla tutela previdenziale della malattia o della degenza ospedaliera nei casi in cui il lavoratore in quarantena o in sorveglianza precauzionale perché soggetto fragile continui a svolgere, sulla base degli accordi con il proprio datore di lavoro, l’attività lavorativa presso il proprio domicilio, mediante forme di lavoro alternative alla presenza in ufficio. In tale circostanza, infatti, non ha luogo la sospensione dell’attività lavorativa con la correlata retribuzione.
Diverso è invece il caso di quarantena imposta da ordinanza amministrativa. Al riguardo, sono infatti emerse nel tempo alcune perplessità derivanti dall’interpretazione letterale della norma, che individua nella certificazione di malattia il canale per la richiesta della prestazione in argomento e manifesta, nel prevedere l’obbligo di un provvedimento dell’operatore di sanità pubblica, la volontà del legislatore di assicurare un procedimento di natura sanitaria alla base del riconoscimento della tutela. Come chiarisce l’Istituto, a seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, è stata prevista una apposita tutela per i lavoratori domiciliati o residenti in Comuni per i quali la pubblica autorità abbia emanato provvedimenti di contenimento e di divieto di allontanamento dal proprio territorio (Emilia-Romagna, Regione del Veneto e Lombardia), disponendo l’obbligo di permanenza domiciliare in ragione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, che siano stati impossibilitati a raggiungere il luogo di lavoro. Tale tutela stabilisce che i datori di lavoro operanti esclusivamente nelle citate regioni, possono presentare, con riferimento ai suddetti lavoratori, domanda di accesso ai trattamenti di CIGO, CIGD, ASO e CISOA, per i periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 30 aprile 2020. Tale previsione normativa, benché limitata ad un determinato ambito territoriale e temporale, consente di affermare che in tutti i casi di ordinanze o provvedimenti di autorità amministrative che di fatto impediscano ai soggetti di svolgere la propria attività lavorativa, non è possibile procedere con il riconoscimento della tutela della quarantena come malattia, in quanto la stessa prevede un provvedimento dell’operatore di sanità pubblica.
Lo stesso può dirsi anche per i lavoratori assicurati in Italia recatisi all’estero che siano stati oggetto di provvedimenti di quarantena da parte delle competenti autorità del Paese straniero.
Infine, nel caso in cui un lavoratore sia destinatario di un trattamento di cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO), straordinaria (CIGS), in deroga (CIGD) o di assegno ordinario garantito dai fondi di solidarietà, determinando di per sé la sospensione degli obblighi contrattuali con l’azienda, ciò comporta il venir meno della possibilità di poter richiedere la specifica tutela prevista in caso di evento di malattia. Si tratta infatti del noto principio della prevalenza del trattamento di integrazione salariale sull’indennità di malattia.