Roma, 23 giugno 2021 – L’attività dell’ex Ilva continuerà. La Sezione IV del Consiglio di Stato, accogliendo gli appelli di Arcelor Mittal Spa e di Ilva Spa in amministrazione straordinaria, ha annullato l’ordinanza n. 15 del 27 febbraio 2020, con cui il Sindaco di Taranto aveva ordinato loro, nelle rispettive qualità di gestore e proprietario dello stabilimento siderurgico “ex Ilva”, di individuare entro 60 giorni gli impianti interessati da emissioni inquinanti e rimuoverne le eventuali criticità, e qualora ciò non fosse avvenuto di procedere nei 60 giorni successivi alla “sospensione/fermata” delle attività dello stabilimento.
Il potere di ordinanza d’urgenza del sindaco di Taranto, secondo il Consiglio di Stato, è stato esercitato in assenza dei presupposti di legge. Secondo Palazzo Spada, non sono emersi “fatti, tali da evidenziare e provare adeguatamente che il pericolo di reiterazione degli eventi emissivi fosse talmente imminente da giustificare l’ordinanza contingibile e urgente, oppure che il pericolo paventato comportasse un aggravamento della situazione sanitaria nella città di Taranto, tale da indurre ad anticipare la tempistica prefissata per la realizzazione delle migliorie” dell’impianto.
Il Consiglio di Stato pertanto – pur senza negare la grave situazione ambientale e sanitaria da tempo esistente nella città di Taranto, già al centro di vicende giudiziarie penali e di una sentenza di condanna dell’Italia da parte della Corte Europea dei Diritti Umani (relativa però alla precedente gestione dello stabilimento, rispetto alla quale le misure intraprese negli ultimi anni hanno segnato “una linea di discontinuità”) – ha concluso che “nella specie il potere di ordinanza abbia finito per sovrapporsi alle modalità con le quali, ordinariamente, si gestiscono e si fronteggiano le situazioni di inquinamento ambientale e di rischio sanitario.
La notizia non è stata presa bene dal Comitato cittadino per la Salute e l’Ambiente a Taranto. “Le nostre ragioni sono e saranno più solide di quelle dell’acciaio – si legge in una nota -. Assieme alle associazioni di Taranto ci faremo promotori di un’iniziativa di tutela multilivello che solleciti contemporaneamente la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) di Strasburgo, il Comitato Onu per i diritti dell’infanzia di Ginevra, la Commissione Europea di Bruxelles, tutti gli organi nazionali preposti alla tutela dell’infanzia e infine anche la Procura della Repubblica per quanto di propria competenza”. Al comitato aderiscono Peacelink, Comitato Quartiere Tamburi, Articolo 32, Genitori Tarantini, LiberiAmo Taranto e Lovely Taranto.
“Tra le ragioni dei cittadini e le ragioni dell’azienda – osserva il Comitato – la sentenza del Consiglio di Stato ha ritenuto più fondate le ragioni dell’azienda. e ne prendiamo atto. Questa sentenza non riduce ma aumenta la nostra determinazione nel condurre con ancora più vigore la lotta per la tutela dei diritti inalienabili dei cittadini esposti ad un rischio sanitario inaccettabile, attestato dalla nuova valutazione danno sanitario (VDS)”. Questo, evidenzia il gruppo di associazioni, “certifica per il futuro un elevato rischio cancerogeno in base all’attuale autorizzazione integrata ambientale a 6 milioni di tonnellate/anno per l’azienda. Siamo inoltre in presenza di eccessi di mortalità anche recenti (calcolati fino al 31 dicembre 2020) nei tre quartieri più vicini al polo industriale, accertati con i dati dell’anagrafe comunale. Infine sono emersi i gravi effetti neurotossici di piombo e arsenico sui bambini di Taranto che vivono vicino all’industria pesante. Una sentenza favorevole alle ragioni aziendali – conclude il Comitato per la Salute e l’Ambiente – non fermerà l’accertamento di tutti i danni alla salute e la nostra lotta per porvi fine”.
Ex-Ilva, il Consiglio di Stato ferma il sindaco di Taranto

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