Roma, 2 novembre 2020 – Gli specialisti del Dipartimento di Diagnostica per immagini della Direzione sanitaria dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù hanno realizzato una simulazione in 3D che riproduce con esattezza e precisione il movimento delle particelle biologiche nell’ambiente e l’impatto dei sistemi di aereazione sulla loro dispersione. Lo studio è stato condotto in collaborazione con gli ingegneri di Ergon Research e la Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) per la supervisione tecnico-scientifica e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Enviromental Research, fornendo informazioni importanti per contenere la diffusione del nuovo coronavirus in ambienti chiusi anche attraverso il trattamento dell’aria. Con il supporto di potenti strumenti di simulazione fluidodinamica computazionale (CFO Computational Fluid Dynamics) i ricercatori sono riusciti a ricreare virtualmente la sala d’aspetto di un pronto soccorso pediatrico dotata di sistema di aereazione con all’interno 6 bambini e 6 adulti senza mascherina. In questo spazio virtuale è stato tracciato il comportamento delle goccioline nei trenta secondi successivi a un colpo di tosse in tre diversi possibili scenari: con il sistema di areazione spento, a velocità standard e a velocità doppia per quantificare quanta aria contaminata avrebbe respirato ogni persona presente. I risultati dello studio confermano che i sistemi di condizionamento dell’aria svolgono un ruolo determinante nel controllo della dispersione di droplet e aerosol prodotti col respiro negli ambienti chiusi. Per la prima volta è stato documentato, infatti, che il raddoppio della portata dell’aria condizionata (calcolata in metri cubi orari) all’interno di una stanza chiusa riduce la concentrazione delle particelle contaminate del 99,6%. Al tempo stesso, la velocità doppia causa una dispersione aerea di droplet e aerosol più rapida e a distanze più grandi rispetto all’aria condizionata con portata standard oppure spenta: a condizionatore spento le persone più vicine al bambino che tossisce (1,76 metri nella simulazione) respirano l’11% di aria contaminata mentre i più lontani (4 metri) non vengono raggiunti dalla “nube” infetta. Con il sistema a velocità doppia si abbatte la concentrazione di contaminante e le persone più vicine ne respirano lo 0,3%, ma vengono raggiunte rapidamente anche quelle più lontane che in questo caso respirano lo 0,08% di aerosol contaminato, percentuali bassissime e sostanzialmente irrilevanti ai fini del contagio. Il ricambio d’aria negli ambienti – sottolinea il professor Alessandro Miani, presidente SIMA – anche attraverso l’attivazione di sistemi scientificamente validati di aerazione, purificazione e ventilazione meccanica controllata, si rivela fondamentale nella diluizione del virus e nel suo trasferimento, per quanto possibile, all’esterno, ovverosia nella mitigazione degli inquinanti biologici aerodispersi presenti nelle droplet, riducendo significativamente la concentrazione del patogeno in aria. Questo, unitamente all’utilizzo di mezzi di barriera (mascherine, distanziamento e igiene delle mani), oggi rappresenta il principale strumento per ridurre il rischio di contagio in ambienti confinanti”.
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