9 febbraio 2021 – La Procura di Brescia, nell’ambito di un’inchiesta per disastro ambientale, ha disposto il sequestro della Caffaro, storica azienda nel cuore della città dal 2003, Sito di interesse nazionale (Sin). Il provvedimento, eseguito dai carabinieri Forestale e disposto dal gip Alessandra Sabatucci su richiesta del sostituto procuratore Donato Greco e dell’aggiunto Silvio Bonfigli, è dovuto al continuo inquinamento dell’impianto, con valori di cromo e mercurio ben al di sopra dei parametri di legge.
Con il sequestro del complesso aziendale della Caffaro Brescia il gip di Brescia Alessandra Sabatucci ha applicato “la misura interdittiva del divieto di esercitare uffici direttivi di persone giuridiche ed imprese” nei confronti di Donato Antonio Todisco, presidente del consiglio di amministrazione e attuale co-amministratore di fatto della Brescia S.r.l., Alessandro Quadrelli rappresentante legale dell’impresa, e Alessandro Francesconi, consigliere delegato alle tematiche ambientali nonché direttore dello stabilimento.
Le misure interdittive sono state disposte per i reati di inquinamento ambientale e deposito incontrollato di rifiuti speciali pericolosi, tra cui il cromo esavalente, e disastro ambientale “cagionato – scrive la Procura – dagli indagati per non aver garantito l’efficienza della barriera idraulica”.
“È stata un’indagine molto complessa innescata dalle comunicazioni di Arpa del 2019. È un’indagine che parla al presente e dell’inquinamento oggi in atto e non dello storico” ha detto il procuratore aggiunto di Brescia Silvio Bonfigli che con il sostituto Donato Greco ha chiesto e ottenuto il sequestro di Caffaro Brescia.
“C’è un aggravamento della situazione in atto. Mentre noi parliamo il cromo esavalente percola. Abbiamo visto il mercurio che galleggia sul suolo” ha spiegato Bonfigli. “La situazione è inquietante. Bisogna intervenire per mettere in sicurezza la falda. Immediatamente. Poi si discuterà della bonifica”.
Se l’inchiesta attuale risulta partire da valori di cromo e mercurio al di sopra dei parametri di legge nell’area produttiva di Brescia, episodi diversi di inquinamento, dal suolo alle falde idriche e alle rogge, si sono susseguiti dal 1916 nella zona in questione, fino a circoscrivere un’area divenuta poi il Sito di interesse nazionale Brescia-Caffaro nel 2003, in cui venne rilevata la presenza di Pcb (policlorobifenili), diossine e furani e di alcuni metalli pesanti, tra cui mercurio e arsenico, attribuita principalmente ad alcune produzioni estemporanee nel periodo della prima guerra mondiale e di altre che erano durate decenni, ma interrotte in parte dai primi anni Ottanta. Un’area per cui proprio a novembre scorso un accordo di programma col ministero dell’Ambiente e 85 milioni per la bonifica erano stati l’epilogo.
Il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha dichiarato: “Quanto sta accadendo in queste ore nel Sin Caffaro di Brescia è frutto di due anni di indagini e di lavoro incessante per riscrivere la storia di quel sito, che tanto dolore ha causato a migliaia di cittadini. Li incontrai il 20 novembre 2018 in un lungo pomeriggio di racconti e mi portarono dati denunce analisi cliniche. La Procura distrettuale della Repubblica di Brescia, Arpa e i Carabinieri forestali, che ringrazio, hanno compiuto un lavoro certosino e oggi le indagini danno ragione a quei cittadini”.
“L’inquinamento – prosegue il Ministro – non era solo un’eredità del passato, ma è stato perpetrato nel tempo. Il nostro impegno per Brescia, insieme con le istituzioni locali, è stato ed è costante: abbiamo definito dopo oltre vent’anni l’accordo di programma per la bonifica del Sin e stiamo lavorando senza sosta per il relativo piano operativo di bonifica. Con il sequestro di oggi si aggiunge un nuovo tassello al mosaico che comporrà una nuova pagina per la città di Brescia. Lo Stato è presente, e non abbandona mai i cittadini”.
Brescia, sequestro della Caffaro per inquinamento
