Roma, 3 settembre 2021 – È stata costituita a Taranto la Camera dei Giuslavoristi, associazione che si propone di dare finalmente una voce unitaria all’avvocatura impegnata nel settore giuslavoristico promuovendo la cultura e la giustizia del lavoro sul territorio jonico.
La Camera dei Giuslavoristi è stata costituita da undici avvocati del Foro di Taranto: Stefania Pollicoro (Presidente), Maria Luigia Tritto (Vicepresidente) Valeria Zurlini (Segretario), Stefania Di Stefano (Tesoriere), Cataldo Tarricone, Vito Lorenzo Vieli, Mario Soggia, Eleonora Coletta, Marcello Carano, Cinzia Marangi e Stella Cazzolla.
I fondatori hanno deciso di intitolare la Camera dei Giuslavoristi alla memoria dell’avvocato tarantino Vincenzo Pollicoro, classe 1928, che dei diritti degli operai e delle libertà sindacali ha fatto il proprio vessillo in una lunga carriera spesa dalla parte dei lavoratori.
La scelta di questa insigne figura dell’avvocatura jonica si lega a una delle motivazioni che hanno portato alla costituzione della Camera dei Giuslavoristi: l’esigenza di recuperare un’identità, forse in parte sbiadita, di riconnettere, in qualche modo, l’avvocatura dei nostri giorni all’avvocatura di ieri, a rammentare che gli avvocati giuslavoristi di Taranto hanno una lunga ed autorevole storia di militanza nella tutela dei diritti, patrimonio da non disperdere e a cui attingere in tutti i momenti in cui siamo a domandarci dove stiamo andando.
Peraltro le ragioni che hanno animato la spinta associativa si innervano in un contesto di crisi che, ormai da svariati anni, interessa l’intera società civile e, in modo particolare, il mercato del lavoro nel quale tutti gli attori che vi operano, lavoratori e imprenditori, risultano colpiti più o meno gravemente, ma in ogni caso con una perfetta simmetria.
Nell’ultimo quindicennio abbiamo assistito ad un susseguirsi frenetico di riforme che, nel dichiarato intento di “adeguare” l’Italia agli standard europei e rendere competitivo il mercato del lavoro, si sono di fatto tradotte in un arretramento della tutela dei lavoratori subordinati (e non solo).
Si pensi alla crescente delega all’autonomia collettiva della regolamentazione di aspetti in precedenza ad esclusivo appannaggio del legislatore, alla sempre più ampia possibilità di ricorrere a forme contrattuali flessibili con conseguente “istituzionalizzazione” del precariato, alla introduzione delle decadenze processuali impiegate dal legislatore come strumenti “correttivi” di conti pubblici o come pseudo sanatorie di condotte imprenditoriali spregiudicate sino ad arrivare alle nuove norme in materia di licenziamenti che, sotto le mentite spoglie di riforme portatrici di modernità e occupazione, hanno di fatto frustrato ulteriormente le aspettative di giustizia dei cittadini.
A queste riforme in peius hanno fatto da pendànt, negli ultimi anni, orientamenti della giurisprudenza di legittimità coerenti con il trend con i quali si è definitivamente abdicato ad alcuni fondamentali principi come quello del favor nei confronti del lavoratore o del metus reverentialis che un tempo costituivano la bussola dei Tribunali del Lavoro nel contemperamento degli interessi in gioco.
Tutto questo non può lasciare indifferente la comunità degli avvocati giuslavoristi: questa inesorabile marcia verso lo scadimento delle tutele, infatti, ha determinato una drastica riduzione del contenzioso la quale non è affatto un risultato positivo perché è il frutto di una sensibile contrazione, a monte, della domanda di giustizia da parte di lavoratori (ma anche di datori) in gran parte sfiduciati o ancor peggio diffidenti circa la concreta possibilità di ottenere, appunto, giustizia.
Gli effetti di questa involuzione si colgono in maniera amplificata su di un territorio, quale quello jonico, dove insiste il più grande stabilimento siderurgico d’Europa con un numero di lavoratori che, insieme a quelli dell’indotto, si attesta intorno alle 12.000 unità.
Nel quadro appena descritto si inserisce lo tsunami che ha travolto centinaia di imprese dell’indotto all’indomani della ammissione di Ilva S.p.A. alla procedura di amministrazione straordinaria.
Moltissime aziende, già messe a dura prova da una crisi strutturale di lungo corso, hanno visto andare in fumo cospicui crediti iscritti a bilancio abbandonandosi ad una resa definitiva.
Evidente l’effetto domino di un simile default che, a catena, ha interessato altre imprese a loro volta legate da rapporti commerciali con le aziende dell’indotto, decimando posti di lavoro, impoverendo intere famiglie, mortificando un’intera comunità.
Gli avvocati giuslavoristi sanno che prima di essere dalla parte dei lavoratori occorre essere “dalla parte del lavoro”: dinanzi alla sofferenza delle imprese perfino la contrapposizione – fisiologica – degli interessi perde di autenticità inducendo il giurista ad arbitrare una partita che è già persa in partenza. Appariva, pertanto, sempre più urgente che i professionisti impegnati in un contesto così complesso trovassero una forma di sintesi che fornisse loro una rappresentanza unitaria.
Del resto proprio la vocazione siderurgica del capoluogo jonico, interessato da un vero e proprio “contenzioso qualificato” costituito dalle azioni in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali, ha storicamente consentito alla classe forense dell’ultimo sessantennio di legare a doppio filo la professione alla grande industria e di svolgere nella forma più alta e nobile possibile la funzione sociale propria dell’avvocato giuslavorista.
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