La persona non è un ingranaggio ma il soggetto più importante
Ricomincia dal fattore uomo il Presidente di Confartigianato Giorgio Merletti, intervenuto alla giornata nazionale per le vittime del lavoro
“Esiste l’esigenza di un impegno comune, fuori dalla logica del profitto da cui discendono gli incidenti sul lavoro”. Esordisce con questa riflessione Giorgio Merletti, laureato in architettura e titolare di un’impresa di falegnameria, ma con una vita da artigiano doc. Due anni fa è stato rieletto per acclamazione alla presidenza di Confartigianato per il quadriennio 2016-2020, siglando così il suo secondo mandato. È convinto che la Confartigianato, che associa circa 700.000 imprenditori, possa anticipare scenari e soluzioni non solo per le piccole imprese, ma per tutto il Paese, essendo la più grande rete europea di rappresentanza di interessi e di erogazione di servizi reali agli iscritti. Ma ripartiamo dal rapporto del Presidente Merletti con l’ANMIL e dalla sua partecipazione alla 68esima Giornata nazionale per le Vittime degli Incidenti sul Lavoro.
Che cosa rappresenta per lei questa Giornata?
È una giornata importante perché la comunità va vissuta in tutti i suoi aspetti e quindi anche in quelli che non sono positivi e che rappresentano un momento di smarrimento. Ma è proprio la comunità che, stando unita, ci porta a superare situazioni come queste, grazie al confronto e alla sintesi delle idee e non attraverso compromessi tra i vari soggetti coinvolti. Se questa è l’ottica con cui ci misuriamo, credo che le cose possano andare meglio. Io faccio tesoro dell’esperienza personale con l’ANMIL.
Quando è nato il suo rapporto con l’Associazione?
Quando ero amministratore del mio Comune, Arsago Seprio, in provincia di Varese, mi è stato chiesto di disegnare un monumento per le vittime del lavoro e io l’ho fatto con molto piacere. È nato così il rapporto con l’ANMIL che continua anche adesso.
Il presidente dell’ANMIL, Franco Bettoni, ha detto che oggi la precarietà del lavoro è strettamente collegata agli incidenti e coinvolge soprattutto i giovani. Che cosa pensa in proposito e che cosa ritiene si possa fare per invertire questo trend?
Penso che in questi anni ci abbiano ammorbato con il concetto della produttività, quasi fosse un ‘must’, perché bisognava produrre sempre di più. Io credo invece che si debba produrre meglio perché così si creano più valore aggiunto e maggiori benefici per il PIL.
A quale tipo di produttività guarda Confartigianato?
La produttività non è stampare mille tappi di plastica in più con una macchina dove l’uomo diventa un ingranaggio. Noi guardiamo ad un altro tipo di produttività. Non andiamo da nessuna parte se pensiamo che il futuro del nostro Paese debba stare nella dimensione dell’impresa e non nella qualità dei beni prodotti. Il presidente Bettoni ha ragione: dobbiamo cominciare dalla formazione che, come la sicurezza, è cultura e quindi un investimento e non un costo.
Spesso gli adempimenti di legge da parte delle aziende sono soltanto formali e non vanno nella direzione della sicurezza sul lavoro. Qual è il suo parere in proposito?
Questo è uno dei grandi paradossi dell’Italia, quando cioè la burocrazia prende il sopravvento. Di fronte ad un un collaboratore ferito, steso per terra, c’è ancora chi pensa che la cosa importante sia avere le carte in regola. Così non si può andare avanti perché la cultura della sicurezza passa anche attraverso questi comportamenti.
Come garantire l’applicazione delle normative esistenti?
Bisogna investire principalmente sui giovani e non dare tutte le responsabilità alla scuola perché, nella vita, la prima formazione deve arrivare dalla famiglia, a cui deve seguire l’impegno dei datori di lavoro, soprattutto nel mondo della piccola impresa. Pensiamo all’apprendistato, che costituisce un vero contratto a doppia valenza: per il lavoratore che deve formarsi e per l’imprenditore che deve formare i suoi dipendenti. Questo è un valore anche per tutta la società.
Sono tanti gli studenti intervenuti alla Giornata nazionale dell’ANMIL. Dunque è importante investire sulla prevenzione e sulla formazione dei giovani?
Assolutamente sì perché parliamo di un valore che spazia in tutti gli aspetti dell’esistenza. Basta pensare alle stragi del sabato sera o alla guida con un tasso alcolemico elevato: sono tutti momenti che fanno parte della vita di una persona. E la vita non va mai sprecata.
L’ANMIL ha recentemente presentato, nella sede del CNEL, il secondo rapporto sulla Salute e la Sicurezza sul Lavoro. Quanto, a livello normativo, può essere mantenuto e quanto invece richiede di essere innovato?
Non deve essere buttato via nulla di quello che c’è. In Italia forse ci sono fin troppe norme, ma il più delle volte i controlli sono insufficienti. Occorre una autoresponsabilizzazione da parte di tutti.
In conclusione, ritiene che le leggi in vigore siano adeguate?
Penso che siano adeguate, me che siano state fatte per essere rispettate. Io stesso sono finito tre volte in ospedale per infortuni sul lavoro. Me è sempre stata colpa mia.