Intervista all’autore e regista Marco Toscani

Il regista impegnato nel sociale rilegge in chiave lavorativa tre favole per lanciare la campagna contro gli infortuni.

Tre fiabe, tre spot: la Bella Addormentata nel bosco, Peter Pan e Pinocchio. Uno il messaggio: ‘”Non raccontiamoci favole…sul lavoro non c’è sempre il lieto fine”. La Campagna di sensibilizzazione è stata appositamente realizzata per l’ANMIL dal regista Marco Toscani. Gli attori, che si sono resi disponibili a titolo gratuito, sono Camilla Schiavi nella Bella Addormentata nel bosco e Alessandro Opizzi nel Principe Azzurro; Mario Calderaro in Capitan Uncino e Francesco Agosti in Peter Pan; Stefano Scotti nel ruolo di Pinocchio e Giovanni Ferrari in quello di Geppetto con gli operatori Alessandra Rao e Carlo Ferrari. Per sottolineare la valenza universale del dramma degli incidenti, gli spot sono stati tradotti in varie lingue: l’attore Franco Trevisi, invalido del lavoro e da anni vicino all’Associazione, ha prestato la sua voce per le versioni italiana ed inglese; Kyoko Mino per la traduzione giapponese; Federico Sanna per quella spagnola. Gli spot in inglese permetteranno all’ANMIL di partecipare a concorsi internazionali e, insieme a quelli in spagnolo e in giapponese, saranno divulgati su YouTube e sui social per essere condivisi nel modo più ampio possibile. Abbiamo intervistato il regista Marco Toscani, che era al tavolo della conferenza stampa di presentazione della 69esima Giornata Nazionale per le Vittime degli Incidenti sul Lavoro del 13 ottobre scorso, insieme al Presidente dell’ANMIL, Zoello Forni e alla Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, Nunzia Catalfo.  

“Non raccontiamoci favole” è il titolo della Campagna che ha realizzato per l’ANMIL. Cambiando il lieto fine di una favola, quali convinzioni ha voluto sfatare?
– In realtà non è stato cambiato il finale di una favola, anzi è stato ironicamente mantenuto nella sua forma originale e trasportato in un ambiente lavorativo, proprio per enfatizzare da un lato l’aspetto reale e dall’altro quello favolistico. Forse ognuno di noi vive una propria favola e la porta nella realtà, ma auspica un lieto fine, che invece non c’è. Questo l’effetto che la favola vuole ottenere, come si legge nel messaggio finale.

Lei ha scelto tre spot che richiamano in chiave lavorativa tre fiabe: La Bella Addormentata nel bosco, Peter Pan con il personaggio di Capitan Uncino e Pinocchio. Come mai sono affiorate proprio queste figure nella sua immaginazione?
– Questi tre personaggi – la Bella Addormentata, Capitan Uncino e Pinocchio – sono i protagonisti di favole che hanno una valenza trasversale e oltrepassano qualsiasi confine perché sono molto conosciute e vengono raccontate ai bambini di ogni continente. Aggiungo che queste favole hanno un finale che si presta ad essere rappresentato cinematograficamente in maniera abbastanza facile. In fondo si tratta di un bacio per risvegliare la bella addormentata, di un uncino per sottolineare l’incidente a Capitan Uncino e di due gambe di legno nuove per Pinocchio. Duplice il perché della scelta di questi personaggi: trasversalità della potenza comunicativa e semplicità di produzione. 

Può un’idea ironica e creativa aiutare a riflettere sull’importanza della salute e della sicurezza nel mondo del lavoro?
– Assolutamente sì, ma qui andiamo anche oltre il tema del lavoro. Utilizzando l’ironia si vuole in questo caso enfatizzare l’incongruenza, cioè quello che dovrebbe essere e quello che invece è. Con l’ironia è forse più semplice strappare un sorriso, seppur amaro, allo spettatore anziché sbattergli in faccia qualcosa di più crudo e violento. È meno facile che si allontani, se si sente coinvolto dal punto di vista comunicativo. Con l’ironia si può catturare la sua attenzione con la curiosità e in questo modo gli può arrivare il messaggio. 

Nel corso della conferenza stampa di presentazione della 69esima Giornata nazionale dell’ANMIL, ha ricordato la domanda più frequente che le persone si pongono quando vengono colpite da un evento tragico: “Perché proprio a me?”. Nei suoi spot su che cosa ha puntato per scuotere le coscienze?
– L’idea guida degli spot parte proprio da qui perché credo che le favole siano un po’ ingannevoli. La mia riflessione nasce dopo avere letto e ascoltato i racconti di tante persone che si sono infortunate sul lavoro, non solo lavoratori, ma anche datori di lavoro e titolari di aziende. Secondo me, tutte queste storie erano accomunate da un aspetto importante e cioè – come ho detto in conferenza stampa – dalla consapevolezza di un possibile pericolo con conseguenze più o meno gravi. Ma quello che mi ha colpito è che non veniva contemplato che l’incidente potesse accadere proprio a chi lo raccontava e che, in fondo, c’era sempre stato il lieto fine, come se tutti i protagonisti del dramma vivessero in una favola. E da qui la riflessione finale: forse noi costruiamo le nostre favole, non solo nel mondo del lavoro, ma anche quando iniziamo una nuova esperienza, magari sentimentale o sportiva. Ecco perché le favole, secondo me, sono ingannevoli. 

C’è uno spot che ritiene particolarmente efficace fra quelli che ha proposto?  
– Li amo tutti e tre anche perché l’idea iniziale era quella di fare un unico spot di un minuto. In un secondo momento è stato necessario dividerli perché la RAI poteva trasmettere spot soltanto di 30 secondi ciascuno. A mio parere la potenza comunicativa arriva con maggiore efficacia nei tre spot visti in sequenza, grazie anche al messaggio finale sul lavoro in cui non c’è sempre il lieto fine. Con i tre spot uniti può crescere l’aspettativa perché si vede prima la Bella Addormentata, poi Capitan Uncino e alla fine Pinocchio. Per ogni autore, in qualsiasi campo artistico, credo che un’opera sia come un figlio che, al di là dei difetti, è suo e per questo lo difende. Faccio una considerazione presuntuosa. Anche se mi piacciono tutti e tre gli spot, forse quello di Pinocchio risulta, scenograficamente parlando, il più efficace grazie alle immagini del fuoco e del burattino più famoso del mondo. Posso dire che gli spot hanno avuto successo e di questo sono molto contento. 

Come è stato il rapporto con gli attori e i doppiatori? Ritiene che soltanto chi crede nell’importanza di questo tema possa essere un tramite per diffondere il messaggio in modo incisivo?
– Assolutamente sì. C’è stata una collaborazione divertente e seria nello stesso tempo. Attori e doppiatori si sono resi disponibili gratuitamente e va detto non si erano mai interessati a questo tema più di quanto non lo siamo tutti ascoltando le notizie dei mass media. Nessuno di loro era mai stato coinvolto da una tragedia sul lavoro né direttamente, né indirettamente, fatta eccezione per Franco Trevisi, invalido del lavoro vicino all’ANMIL. Per questo motivo tutti hanno provato rammarico quando hanno letto i dati sugli infortuni e sulle morti sul lavoro. Non se l’aspettavano, non credevano che ci potessero essere così tante vittime e sono stati ancora più orgogliosi di collaborare.  

Per sottolineare la valenza universale della tragedia degli infortuni sul lavoro, si è deciso di tradurre i tre spot in varie lingue. Anche lei ritiene che questo dramma umano non conosca confini? 
– Anch’io ho riflettuto su questo fatto, soprattutto pensando alla versione giapponese e a quella spagnola. Forse reputo la scelta come un grido di dolore dell’ANMIL, che vuole far sentire la sua voce su questo dramma con un urlo potente, che va oltre i confini nazionali. Potrebbe essere questo un auspicio della Comunità Europea per trovare normative comuni che siano più efficaci, soprattutto perché molte sono datate. È un tema grande e l’urlo è grande.

Nel suo percorso professionale c’è una costante attenzione ai temi sociali. Come nasce questa predisposizione? 
– Non mi piace l’indifferenza, il voltarsi dall’altra parte, il far finta di non vedere. Qui nasce l’errore: occuparsi di un problema soltanto quando ci coinvolge. Gli stessi testimonial dell’ANMIL spesso hanno sposato la causa soltanto quando sono stati, a loro volta, vittime di una tragedia. Grazie ad una maggiore attenzione da parte di tutti, forse un domani – se dovesse capitare anche a noi – potremmo non essere soli e con il vuoto attorno. Un’altra cosa su cui ho riflettuto è che in realtà, di qualunque cosa si parli, dietro c’è sempre un tema sociale. Quale argomento o quale film non contiene un tema sociale, che sia l’amore, il lavoro, la paura e persino la pornografia? Tutti ci occupiamo, sotto sotto, di tematiche sociali. 

Lei ha realizzato per la Fondazione ANMIL “Sosteniamoli subito” il cortometraggio “Senza…peccato” dedicato al tema sesso e disabilità. Come è avvenuto l’incontro con questa associazione?
– Tanto tempo fa avevo proposto all’ANMIL un progetto su altri temi legati alla disabilità, ma evidentemente il momento non era maturo. Poi, dopo nove anni, sono tornato per presentare un progetto sulla sessualità dei disabili e in cinque minuti è incominciata un’avventura, che ha avuto un lieto fine e ha vinto un premio importante, come miglior cortometraggio italiano in un festival internazionale sulle malattie rare.

Nel suo futuro ci saranno altri momenti di impegno sulla tematica degli incidenti sul lavoro?
– Al momento mi sto dedicando ad altri progetti, ma sarò felicissimo – qualora mi venisse chiesto – di collaborare di nuovo con l’ANMIL. Ne approfitto per ringraziare l’Associazione per quello che fa e per l’impegno enorme che mette in campo non solo nella prevenzione, ma anche nell’assistere i lavoratori e i familiari delle vittime quando devono affrontare problemi enormi dopo un incidente. E sono lusingato ed orgoglioso del fatto che sia stato affidato ai miei occhi un tema così importante. Un giorno mi piacerebbe proporre all’ANMIL una nuova idea contro gli infortuni e sentirmi dire: “No grazie, siamo a posto, non ne abbiamo bisogno”. Sarà un bel giorno quello in cui non ci sarà più necessità di fare spot perché vorrà dire che il problema è stato superato. È chiaro che è un sogno, ma bisogna pensare in grande, almeno nei sogni. 

Guarda gli spot della campagna “Non raccontiamoci favole” realizzata da Marco Toscani per ANMIL

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