L’attore-poeta-cantautore presenta la manifestazione in piazza del Popolo il 15 luglio
#nontinascondere. Mancano poche ore al Disability Pride, la giornata dell’orgoglio di chi, da troppo tempo, combatte contro i pregiudizi. Sarà una festa accessibile a tutti coloro che, ancora oggi, si vedono discriminati per la loro condizione. Nel nostro paese sono oltre 7 milioni le persone che vengono limitate, nella quotidianità, da barriere di tutti i tipi. La macchina organizzativa della manifestazione è in dirittura d’arrivo: alla testa ci sono la Disability Pride Onlus con la Fondazione dell’ANMIL Sosteniamoli Subito e la partnership di Radio Italia Anni 60. Stefano De Sando, attore-doppiatore-poeta-cantautore, è pronto a salire sul palco di Piazza del Popolo per condividere questo happening sociale che lo vede in prima linea. Con la complicità che ci unisce per questa causa, come per tante altre, scelgo di dargli del “tu”.
– Stefano De Sando e il Disability Pride. Perché hai subito detto sì quando ti è stato chiesto di legare il tuo nome a questa manifestazione?
Innanzitutto la mia è una partecipazione assolutamente umile. Si tratta di condividere questa esperienza insieme a Marinella De Maffutiis dell’ANMIL e a te, come già abbiamo fatto l’anno scorso in occasione del Concerto del Primo Maggio a Terracina. Mi è sembrato fondamentale farlo anche in questa circostanza, poiché il Disability Pride viene fortemente sostenuto da un’associazione che si occupa di una materia “calda”, come la tutela dei lavoratori, a cominciare dai rischi che corrono. È una risposta che mi è venuta spontanea nel momento in cui Mariella Nava mi ha chiesto di sostenere questa causa. Ho accettato subito l’invito e mi sono ritrovato in una grande famiglia, nella quale ogni volta che mi viene chiesto qualcosa, se posso, lo faccio.
– Qual è la prima cosa che chiederesti alle istituzioni per le persone con disabilità?
Secondo me la disabilità oggi viene interpretata in un modo completamente diverso rispetto agli anni Cinquanta e Sessanta, quando da parte delle famiglie c’era una sorta di ingiustificata vergogna nel condividere con il resto della società la difficoltà di qualche parente. Oggi esiste una presa di coscienza collettiva del problema, anche grazie a tutti gli sforzi che si sono fatti, fino ad arrivare alle Paralimpiadi. E poi la tecnologia mette a disposizione risoluzioni davvero impensabili, come la mano bionica. Per questo, da un lato sono veramente stupito, in quanto ignorante e dall’altra sono commosso, in quanto essere umano. Credo che educare ad una percezione diversa della disabilità sia lo scopo che dovrebbe avere qualunque società civile.
– Lancerai qualche messaggio dal palco di Piazza del Popolo a tutti coloro che, per un motivo o per l’altro, vivono in condizioni svantaggiate?
Sarò lì ad accompagnare l’evento, facendo quello che so fare. La mia sarà una partecipazione in forma privata per dare una presenza tangibile a chi ha piacere di condividere questo momento. Non lancerò messaggi perché lascerò fare questo a chi ha più competenze e più frequentazioni di me. C’è tanta gente brava che si occupa di queste cose, ne sono certo. Io sono una persona “convocata” e che ha detto subito di sì.
– Stefano, tu sei un artista a tutto tondo, ma qual è la tua vera vocazione?
Vanno tutte di pari passo. Ce n’è sempre una insieme all’altra e l’altra insieme all’una. Dipende dalle situazioni. Una volta sono di più cantautore, una volta sono di più artista. Va così: esprimo anche cantando quello che dico scrivendo.
– Dove finisce la passione e dove comincia il lavoro?
Questa è una domanda bellissima. Non esiste infatti differenza per me. Il lavoro è la passione e la passione è il lavoro. Non c’è mai stata, se non continuità, fra le due cose, che vivono e convivono tranquillamente. Come diceva Vittorio Gassman: “E ci pagano pure”.
– Tanti talenti al servizio del sociale. Perché hai deciso di fare del tuo impegno qualcosa da condividere con altri, a cominciare dall’Associazione che sostieni da tanti anni “Ali di Scorta”?
Qualunque occasione è per me motivo di riflessione sul perché siamo la mondo. Se siamo qui, ci sarà pure un motivo che non può essere di puro interesse personale. La condivisione di alcune cose mi sembra il motore principale per cui ogni essere umano vive. Condividere con gli altri le occasioni, che via via si creano, credo sia la cosa più importante. La mia filosofia di vita mi impone questo. Non ho famiglia, non ho bambini e quindi cerco di dedicarmi, come faccio con “Ali di Scorta”, alle necessità dei genitori dei bambini ricoverati all’Ospedale Gemelli di Roma, che vivono da vicino situazioni drammatiche. Mi è sembrato giusto tutelare le persone che attraversano momenti come questi.
– Qual è l’ultimo tuo successo?
Quest’anno ho avuto l’onore di doppiare Gary Oldman, che ha vinto il Premio Oscar come migliore attore protagonista con “L’ora più buia”. Oldman interpretava uno straordinario Winston Churchill.
– C’è un momento in cui Stefano De Sando è Stefano De Sando?
Sul palco del Disability Pride sarò sicuramente io, come in tutte le cose che faccio con estrema gioia.
– In questo momento sei appena uscito da una sala di registrazione. Hai progetti in cantiere?
Tra un po’ di giorni, il 21 e 22 luglio, andrò a fare 15 anni di “Capalbio Poesia”, una rassegna che curo come direttore artistico e come interprete.
– Che cosa non ti ho chiesto? Concludi tu
Innanzitutto vi ringrazio per avere pensato a me. Concludo dicendo che oggi bisogna lavorare perché ci sia sempre più una presa di coscienza e di attenzione nei confronti del sociale per consentire a tutti di vivere meglio, a cominciare dai disabili. Penso che sia questa la cosa più importante. Il sociale è un po’ come i treni alla mattina per i pendolari. Io faccio sempre questo paragone: l’attenzione per il sociale è come un treno comodo per chi va al lavoro. Questo significa vivere in un paese civile. Ed è qui che si riconosce il valore di una comunità. “Gli altri siamo noi” diceva una vecchia canzone. E io vado a nozze con i testi delle canzoni.
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