La sicurezza nel badge dei dipendenti
Intervista al manager di Cromology Paolo Innocenti: “Il nostro primo dovere è riabbracciare i nostri cari dopo il lavoro”
“Zero incidenti non è un obiettivo, ma una scelta, la nostra scelta. Noi diamo valore alla sicurezza, perché ci prendiamo cura l’uno dell’altro”. Si presenta così Paolo Innocenti, Responsabile dei Sistemi di gestione, qualità, sicurezza e ambiente di Cromology, l’azienda leader in Italia nel settore della produzione e della vendita di vernici per l’edilizia. Il suo percorso, incominciato 25 anni fa, lo ha portato a diventare coordinatore della sicurezza della multinazionale che si avvale, nel nostro paese, di due stabilimenti produttivi, a Castelfranco Veneto e a Porcari di Lucca, a cui si aggiunge l’hub logistico di San Miniato. E anche se concetti come ricerca e sviluppo sono in primo piano nella strategia aziendale, non è semplice far dire a questo manager parole che non siano in stretta relazione con il principio della sicurezza. Proprio alla sicurezza viene infatti dedicata da 11 anni un’apposita giornata, che si tiene sempre nel mese di marzo. E da qui ha preso il via la nostra intervista.
Lo scorso 26 marzo avete promosso la Giornata per la Sicurezza. Quali messaggi avete voluto trasmettere con questo evento?
Il Safety day viene promosso in tutti i siti di Cromology. Siamo una multinazionale francese e abbiamo stabilimenti anche in Francia, Spagna, Portogallo e Marocco. La casa madre sensibilizza tutte le nazioni sulla sicurezza, promuovendo questa iniziativa che è un momento di fermo produttivo e di capitalizzazione del tempo di tutti noi. La risposta dei dipendenti è ogni volta ricca di entusiasmo e fantasia nel portare avanti questo tema.
Nel corso della giornata avete ospitato alcune testimonianze dell’ANMIL. Perché questa scelta?
Da due anni abbiamo intrapreso un percorso di collaborazione con l’ANMIL, a cominciare dal sito di Castelfranco per poi estenderlo anche agli altri stabilimenti. Abbiamo ritenuto opportuno che fossero proprio le vittime del lavoro gli ospiti di eccezione delle nostre due ultime edizioni del Safety Day. Questo perché le parole di persone, che hanno vissuto incidenti sulla propria pelle, possono essere elementi di forte sensibilizzazione per tutti. I cicli di testimonianze sono fra le attività che riteniamo più importanti, coinvolgenti e formative per i nostri dipendenti. Cerchiamo di rendere l’approccio verso la sicurezza nei luoghi di lavoro il più pragmatico possibile: tutti noi abbiamo diritto, come diciamo sempre, a salutare i nostri cari alla mattina, quando andiamo a lavorare e abbiamo il dovere di ritornare a casa, alla sera, per riabbracciarli. Tra questi due momenti c’è una responsabilità aziendale, e di ognuno di noi, perché la sicurezza non è un problema di altri, ma in primo luogo di chi lavora.
Perché la vostra azienda ha deciso di mettere questo tema al centro delle sue politiche?
Perché la sicurezza è un valore aziendale. Nei badge di accesso agli stabilimenti di ogni dipendente della Cromology, sono scritti i nostri valori e il primo è proprio la sicurezza.
Voi progettate prodotti a basso impatto ambientale. Anche questo è un valore?
L’azienda si è dotata, negli anni, della certificazione di tre sistemi: qualità, sicurezza e ambiente. Abbiamo prodotti eco label, cioè a basso impatto ambientale. Un valore che va a braccetto con l’approccio che abbiamo nei confronti della sicurezza, anch’essa certificata insieme alla qualità. Tre percorsi che vanno tutti nella stessa direzione e che si rafforzano l’uno l’altro.
Qual è il rapporto costi benefici sul piano della sicurezza della persona e del rispetto dell’ambiente?
Per quanto riguarda i costi benefici, dall’ultimo incidente sul lavoro, nello stabilimento di Castelfranco abbiamo circa 3.700 giorni senza infortuni, nell’hub di San Miniato 2.200 e a Porcari 1740. Quindi si capisce che, al di là della riduzione dei costi, registrando tanti giorni senza incidenti, riusciamo a disporre del nostro personale ogni giorno. Questo è il nostro principale traguardo. Ma ci sono anche altri benefici legati al rispetto della sicurezza, come il miglioramento dei luoghi di lavoro. Per i nostri dipendenti essere inseriti in un ambiente migliore, ordinato e pulito consente che questa architettura contribuisca non solo alla riduzione dei rischi, ma anche all’aumento della produttività. Voglio dire che la sicurezza non è un limite, ma un vantaggio tangibile anche sul piano del business. È una filiera simbiotica e tutto va nella stessa direzione. Soltanto uno stolto può dire che la sicurezza è un limite alla produttività.
Vi servite anche di appalti e subappalti?
Gli stabilimenti vivono anche di ditte esterne che supportano l’attività di manutenzione. Può capitare. Un’azienda è un porto di mare. Nel nostro percorso di sicurezza “a zero infortuni”, ci facciamo inoltre aiutare da tutta una serie di strumenti che mirano a sviluppare l’attività di prevenzione e di sensibilizzazione. Mi riferisco, ad esempio, ad una serie di segnalazioni: dall’analisi dei mancati incidenti al monitoraggio della permanenza delle ditte esterne all’interno delle nostre strutture. Tutto questo confluisce in una reportistica che mandiamo puntualmente, all’inizio di ogni mese, alla casa madre. Fa parte della nostra filosofia anche il monitoraggio degli infortuni che possono occorrere alle ditte esterne, nei confronti delle quali cerchiamo di avere lo stesso livello di attenzione che abbiamo nei confronti dei nostri lavoratori.
La vostra collaborazione con l’ANMIL ha cambiato qualcosa sul piano dei comportamenti aziendali?
Il rapporto con l’ANMIL ha preso il via, da un paio di anni, con il coinvolgimento dell’Associazione nel nostro Safety Day. La testimonianza, cioè toccare con mano i problemi delle vittime del lavoro, è uno dei momenti che porta maggiori benefici. Le attività formative vanno tutte bene, ma sul piano della consapevolezza è fondamentale l’ascolto di chi ha vissuto, superato e conosciuto i problemi che derivano da un incidente sul lavoro. Non mi riferisco soltanto all’aspetto cruento di un infortunio, ma a tutto quello che viene dopo, sul piano personale e del recupero. Questa è l’altra faccia della formazione perché non basta fermarsi all’analisi dell’incidente. Sentirlo raccontare da persone che l’hanno vissuto è un aspetto vincente per fare in modo che il tema della sicurezza entri nella pelle dei lavoratori.
Ci saranno altre occasioni di collaborazione con l’ANMIL?
Oltre al Safety Day, pensiamo di rafforzare il percorso di testimonianza delle vittime del lavoro nei nostri stabilimenti, anche se non vogliamo che diventino una routine. Desideriamo sparare bene questi colpi perché uno dei grandi nemici della sicurezza è proprio l’abitudine che, in virtù dell’assurdo, rischia di ridurre l’efficacia di tutti gli strumenti che invece cercano di modificare il comportamento delle persone. Abbiamo già fatto questa esperienza in svariate occasioni, in cui all’entusiasmo e al coinvolgimento iniziali è subentrato un pericoloso appiattimento.
Vuole inviare un messaggio alle imprese affinché seguano il vostro esempio?
Oggi come oggi, la sicurezza è un diritto e un dovere. Per questo vorrei che fosse vissuta non come un fatto formale, ma come un approccio costante ai luoghi di lavoro. Un percorso che deve partire dal coinvolgimento dell’alta direzione, dalla esemplarità dei responsabili, dalla collaborazione dei lavoratori. Tante aziende parlano di sicurezza, ma non passano dalle parole ai fatti. Il messaggio che posso inviare è di far sì che la sicurezza diventi un modo di essere, un modo di lavorare.
Incidenti zero: è un obiettivo possibile?
Non ci può essere un’attività produttiva senza un livello, anche basso, di rischio. Un’azienda a infortuni zero può esistere, ma un’azienda a rischi zero no. I rischi devono però essere gestiti e resi accettabili.
Luce Tommasi