Una mano bionica per non arrendersi mai.
Intervista a Clara Puleo, la donna che ha deciso di sperimentare un nuovo arto capace di rispondere agli imput del cervello.
Non si perde mai d’animo Clara Puleo, siciliana doc e amante del mare su cui vive da quando è nata. “Sono di Aspra, una frazione di Bagheria – mi dice con orgoglio – e la mia casa è sempre stata qui”. Il suo infortunio risale a 32 anni fa, quando aveva soltanto dieci anni. E ora, che di anni ne ha 42, non ha alcun problema a dichiarare l’età. Nel 2017 ha vissuto a Roma per alcuni mesi, al Campus Biomedico del Policlinico Universitario, fino all’intervento del 13 giugno dello stesso anno. Adesso è una donna nuova e guarda al futuro con un sacco di progetti, anche se – confessa – “momenti bui ne ho vissuti, ma non mi sono mai persa d’animo”. Ricominciamo però dall’inizio di questa storia che, con il senno di poi, possiamo definire a lieto fine.
Come si è infortunata?
Ho avuto un infortunio dentro casa, a causa di un’esplosione che mi ha privato della mano sinistra. Ero una bambina e dopo lo sconcerto iniziale mi sono ripresa grazie a mia madre. Lei mi lasciava provare e nessuno in famiglia mi ha mai detto “questo non farlo”. Piano piano sono riuscita a fare le cose che facevo prima dell’infortunio e a non sentirmi senza una mano. Con mia sorella, diplomata al Conservatorio e di qualche anno più grande di me, strimpellavo il pianoforte e mi divertivo tantissimo. Questa è stata la mia forza e questo è stato l’approccio che ho poi mantenuto sempre nella vita.
Da quando ha perso la mano come è cambiata la sua vita?
Ho dovuto imparare di nuovo a fare tutto. Ho sempre utilizzato una protesi estetica, che tuttora alterno con la mia nuova mano bionica. All’età di 17 anni ho provato una protesi mioelettrica, ma non la sentivo mia perché era antiestetica e mi consentiva di fare solo un movimento, quello della pinza. E così ho preferito lasciar perdere.
Si è sposata? Mi dica qualcosa della sua vita privata
Ho un compagno con cui vivo ad Aspra, il mio paesino e lavoro in un’azienda di servizi. Posso dire che nella vita non mi sono fatta mancare nulla. Ho la patente, scio e vado in barca. Ricordo che i miei genitori hanno regalato una macchina usata a mia sorella, quando ha preso la patente. Per me invece, quando ho compiuto 18 anni, hanno acquistato un’auto nuova con il cambio automatico, perché quello manuale non lo potevo usare. Con questo voglio dire che c’è sempre un lato positivo in tutte le cose.
Da quando le è stato proposto di testare la mano bionica, che cosa ha provato e come si è sentita come sperimentatrice?
Ho visto un annuncio su un giornale in cui si cercavano sperimentatori e in particolare un amputato di vecchia data e con le mie caratteristiche. Io ho perso l’arto sotto il gomito. Mi sono subito proposta e nel 2017 mi sono trasferita a Roma, al Campus Biomedico del Policlinico Universitario, per sottopormi a tutti i test previsti per l’intervento. E così, alla fine di giugno dello stesso anno, ero già a casa con la mano nuova, la stessa protesi che porto anche adesso. Ma i test sono continuati pure dopo l’operazione per vedere la funzionalità dell’arto ed eccomi qui a raccontare come ci si sente con una mano bionica.
Parlando proprio di sensazioni, per lei che cosa è cambiato con questo nuovo arto?
Ho riacquistato la padronanza del movimento e so che posso orientare la mano dove voglio, compreso l’uso del dito indice. Questo è stato un cambiamento globale perché per la prima volta, grazie alla nuova protesi, penso esattamente il movimento che deve eseguire con la mano sinistra e la mano lo fa. Se voglio afferrare qualcosa con una presa tridigitale, lo posso fare. C’è un circuito, frutto di un lavoro di alta ingegneria, grazie al quale è la protesi che si adatta all’uomo e non viceversa. Si tratta di una grande differenza rispetto a prima. Adesso è l’arto che si adatta alle mie esigenze.
Ritiene di poter dare consigli ad altre donne che si trovano nella sua situazione?
Alle donne posso dire di osare, di non avvilirsi mai e di essere resilienti. Ho sempre pensato che anche un evento negativo abbia i suoi aspetti positivi. E con questo approccio ho sempre affrontato la vita. Questo vale non solo per vicende come quella che è accaduta a me, ma anche per cose diverse. Quindi, di fronte a ciò che la vita ti pone davanti, la prima domanda che bisognerebbe porsi è: “Quali sono gli elementi positivi che posso trarre da questa situazione?”. Io mi sono sempre comportata così e questo mi ha dato grande forza e capacità di andare avanti. Penso che superare le avversità sia un atto che avviene prima di tutto nella nostra mente. Ed è proprio così che sono riuscita a realizzare quello che prima avevo pensato.
Lei sarà invitata l’8 marzo a Palermo dal presidente dell’ANMIL Rosario Conti per un evento dedicato alle donne. Conosceva questa associazione?
Prima non conoscevo l’ANMIL, ma già collaboravano con il Centro Grandi Ustionati di Palermo per incontrare settimanalmente, insieme ad alcuni medici, pazienti e parenti dei pazienti, che spesso hanno più bisogno di supporto dei pazienti stessi. Lo facevo perché mi sono sempre preoccupata di mettere la mia esperienza al servizio degli altri. L’8 marzo sarò con l’ANMIL e sono molto contenta di avere ricevuto questo invito da parte del Presidente dell’Associazione.
Le donne impegnate attivamente nell’ANMIL non sono molte. Lei se la sente di impegnarsi in questa associazione e di chiedere ad altre donne di far valere i loro diritti per la tutela delle lavoratrici dentro e fuori casa?
Se mi verrà chiesto, sarò contenta di mettere la mia esperienza al servizio delle altre donne. Gli amici mi hanno sempre chiamato Polly perché, come nel cartone animato Pollyanna, mi sono sempre esercitata nel cosiddetto gioco della felicità, cercando il positivo in qualunque situazione. Credo che sia più facile credere alle persone che hanno sofferto rispetto a quelle che non hanno sofferto mai.
La sua avventura con la mano bionica non è ancora finita. Continuerà a sperimentare?
Io sono sempre disponibile e, se mi verrà chiesto di continuare a sperimentare, lo farò. Per quanto mi riguarda non mi pongo mai limiti. Fin da piccola sono andata in motorino e poi ho preso la patente, anche se le mie amiche mi chiedevano se non avessi paura a mettermi in viaggio con una mano sola. In futuro vorrei praticare il kite surf. Al momento è solo un sogno, ma già mi vedo su quella tavola. Penso che non ci si debba mai arrendere e che occorra cercare sempre la soluzione dei propri problemi.
Per concludere, che cosa dire alle donne infortunate che non hanno ancora trovato il coraggio di fare quello che ha fatto lei?
Direi di andare avanti e di credere in se stesse. La soluzione c’è sempre. Se mi venisse chiesto perché reagire, risponderei che tutti noi siamo il frutto della nostra esperienza. Un’esperienza che ci deve arricchire. Per concludere, se devo scegliere tra ridere e piangere, scelgo di ridere.
Luce Tommasi