Il crollo della produzione e delle ore lavorate sta comportando una netta riduzione degli infortuni.
Roma, 12 giugno 2020 – La tempesta perfetta innescata dalla pandemia di Coronavirus ha stravolto la vita di tutti noi con effetti devastanti sul piano umano, familiare e psicologico, ma anche su quello sociale ed economico. Quello della vita e della salute è certamente l’aspetto da considerare assolutamente prioritario, ma a preoccupare molto sono anche gli effetti sull’economia, che stanno producendo una crisi a livello mondiale molto più pesante e duratura di quella già vissuta, per altri motivi, nel 2008.
Per l’impatto dell’epidemia sul nostro paese con i conseguenti provvedimenti di blocco si avranno pesanti strascichi anche nel mondo del lavoro: Unioncamere stima un calo di oltre 420.000 occupati nel 2020, di cui ben 190.000 tra autonomi e piccoli imprenditori non più in grado di riprendere la loro attività e 230.000 lavoratori dipendenti; la metà dei posti di lavoro perduti riguarderà il Turismo, un settore che da solo produce quasi il 15% della ricchezza nazionale.
Tuttavia il crollo della produzione e delle ore lavorate sta comportando una netta riduzione degli esposti al rischio di infortunio e, di conseguenza, un effetto “benefico” sul fenomeno infortunistico che si protrarrà sicuramente almeno per tutto l’anno in corso.
Gli ultimi dati forniti dall’INAIL rilevano un calo sostenuto e generalizzato nel primo quadrimestre 2020 rispetto allo stesso periodo 2019: -18,2% per gli infortuni, g-21,7% per quelli mortali (da 303 a 280) e -30,4% per le malattie professionali, dati “positivi” per l’effetto lockdown di moltissime attività dell’industria, del commercio e dei servizi.
Per contro c’è però da rilevare il dato relativo alla Sanità che risulta in nettissima controtendenza rispetto a tutti gli altri settori di attività.
Nel bimestre marzo-aprile 2020 gli infortuni denunciati in questo settore risultano cresciuti di ben il 250% rispetto a marzo-aprile 2019 (da circa 3.300 casi a 11.500); per il 75% si tratta di infortuni legati al contagio coronavirus, che è stato riconosciuto dall’INAIL come evento lavorativo, ma oltre 2.000 sono dovuti ad incidenti “normali” che si verificano abitualmente in corsia a danno di operatori del settore (medici, infermieri, personale sanitario vario) e a tale proposito l’INAIL ha segnalato che sono oltre 43.000 le denunce di infortunio sul lavoro per contagio da Covid 19 pervenute all’Istituto fino al 15 maggio; di queste, 171 sono per infortuni mortali, concentrati per il 50% nel personale sanitario.
L’età media dei lavoratori che hanno contratto il virus è di 47 anni per entrambi i sessi, ma sale a 59 anni per i casi mortali; il 72% dei lavoratori contagiati è composto da donne e il 28% da uomini, ma il rapporto tra i generi si inverte nei casi mortali dove gli uomini sono pari all’82,5% del totale.
La situazione appena descritta risulta diffusa, ovviamente, su tutto il territorio nazionale anche se le regioni maggiormente penalizzate sono quelle del Nord, la parte più industrializzata del Paese e prevalente sia in termini demografici che produttivi.
Per quanto riguarda il Sud ed in particolare la regione Puglia, l’andamento generale si allinea a quello nazionale per quanto riguarda gli infortuni che, nel primo quadrimestre del 2020, sono calati del 22,7%, vale a dire quasi 5 punti percentuali in più della media nazionale; la flessione si riscontra, in misura più o meno consistente in tutte le province pugliesi, con un massimo a Lecce (-31,8%) ed un minimo nella provincia di B.A.T. (-11,2).
Quello che invece contrasta in maniera eclatante con l’andamento nazionale e rispetto alle altre regioni italiane è il numero degli infortuni con esito mortale aumentati di oltre il 50% salendo dai 14 casi di gennaio-aprile 2019 ai 22 casi dello stesso periodo 2020; un aumento che, peraltro, si registra quasi uniformemente in tutte le sei province pugliesi.
Per di più si riscontra che la crescita delle morti sul lavoro è dovuta esclusivamente ai casi avvenuti “in occasione di lavoro” che sono raddoppiati (da 9 a 18), mentre quelli “in itinere” fanno registrare una leggera flessione (da 5 a 4 casi).
I principali settori di attività in cui i decessi lavorativi sono risultati in crescita sono l’Agricoltura (da 0 a 3 casi), i Trasporti (da 1 a 3), il Commercio (da 0 a 2), i Servizi alle Imprese (da 0 a 2).
Le malattie professionali denunciate nella regione presentano, invece, un andamento in netta discesa (-38,9%) superiore di 8,5 punti percentuali rispetto alla media nazionale. Anche in questo caso, come si era visto per gli infortuni, il calo riguarda indistintamente tutte le province con un massimo nella provincia di B.A.T. (-68,1%) e un minimo in quella di Taranto (-25,6%). Le tecnopatie più numerose registrate dall’INAIL nella regione sono quasi perfettamente in linea con quelle nazionali: per i 70% si tratta, infatti, di patologie dell’Apparato muscolo-scheletrico e Sindromi del tunnel carpale, per il 14% di Ipoacusie da rumore, per il 7% di malattie dell’Apparato respiratorio.
Infine, destano molta preoccupazione i ben 54 casi di Tumore segnalati in questi primi quattro mesi dell’anno di cui si dovrà capire la causa.
A fronte di queste situazioni l’ANMIL continuerà a offrire attraverso le proprie sedi il massimo supporto avvalendosi di esperti e professionisti pronti a fornire consulenze specifiche a chi si ritrovare a fare i conti con i danni riportati sulla propria pelle per un lavoro insicuro e poco tutelato. E per facilitare ogni contatto mette a disposizione il numero verde gratuito 800180943 dal lunedì al venerdì dalle ore 8.30 alle ore 18.00.
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