Donne disabili e mondo del lavoro di F. D’Amico

Nel nostro Paese le persone che, a causa di problemi di salute di vario genere, soffrono di gravi limitazioni che impediscono loro di svolgere le abituali attività quotidiane sono circa 3 milioni e 100 mila (il 5,2% della popolazione). Di questi i due terzi (2,05 milioni circa) sono donne, mentre un terzo (1,05 milioni) uomini. Si tratta di una collettività molto anziana: quasi 1 milione e mezzo di ultrasettantacinquenni (cioè più del 20% della popolazione in quella fascia di età) si trovano in condizione di disabilità e 990.000 di essi sono donne. Dal punto di vista territoriale, l’incidenza sulla popolazione (pari al 5,2% a livello nazionale) vede al primo posto le Isole con un valore del 6,3%, contro il 4,8% del Nord, che rappresenta il valore più basso. Le Regioni nelle quali il fenomeno è più diffuso sono l’Umbria e la Sardegna (rispettivamente 8,7% e 7,3% della popolazione); Veneto, Lombardia e Valle d’Aosta sono, invece, le regioni con l’incidenza più bassa (4,4%).
Questa sintetica rappresentazione del mondo della disabilità sotto il profilo socio demografico è stata elaborata sulla base dei dati rilevati dal Rapporto “Conoscere il mondo della disabilità. 2019” pubblicato dall’ISTAT nel 2020.
In questo Rapporto, che a tutt’oggi non risulta essere stato aggiornato, l’Istat, uniformandosi alle direttive impartite dal sistema delle statistiche europee sulla disabilità, utilizza un’unica definizione, conosciuta come Global activity limitation indicator (Gali), che definisce “disabili” le persone che riferiscono di avere limitazioni, a causa di problemi di salute, nello svolgimento di attività abituali e ordinarie. Si tratta di una definizione che fa riferimento alla sola condizione di “limitazione” indipendentemente dalla gravità o dalla tipologia di menomazione. Va detto, per completezza, che in precedenti elaborazioni, l’ISTAT ha considerato, nelle proprie statistiche, anche distinte tipologie di disabilità in relazione a specifiche menomazioni: la tipologia più consistente risulta essere le disabilità “motoria”, seguita da quella “sensoriale” e da quella “psichica”.
Ma la parte più interessante del Rapporto è sicuramente quella in cui viene trattato il rapporto tra disabili e mondo del lavoro. Il collocamento delle persone con disabilità nel mondo del lavoro ha effetti benefici non solo sul disabile che può così riacquistare la sua piena dignità ma, al di là degli aspetti etico-sociali, è conveniente anche dal punto di vista economico per la società in quanto permette di recuperare quelle energie, quelle potenzialità inespresse che altrimenti andrebbero perdute.
La mancanza di una occupazione comporta, inoltre, una significativa perdita di libertà, di autonomia, di autostima ed è una delle cause principali di esclusione sociale. Ciò avviene non soltanto perché dal reddito dipende la possibilità di condurre una vita indipendente e dignitosa, realizzando le proprie aspirazioni, ma anche perché l’assenza di lavoro può impoverire le relazioni umane e compromettere lo sviluppo e il mantenimento delle relazioni sociali. Nel nostro Paese, norme dirette a favorire l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità esistono da tempo ed hanno anticipato la Convenzione Onu, nella quale si fa più volte riferimento alla non discriminazione e alle pari opportunità in ambito lavorativo. Da allora varie altre leggi si sono succedute per recuperare e valorizzare abilità e potenzialità delle persone con disabilità fisica, psichica o sensoriale.
Malgrado questa lungimirante normativa, la realtà resta tuttavia deludente e risulta ancora rilevante lo svantaggio, nel mercato del lavoro, delle persone con disabilità ed in particolare per le donne. Infatti, considerando la sola popolazione dei disabili in età lavorativa (compresa tra i 15 e i 64 anni), stimata intorno alle 700.000 unità, risulta occupato solo il 31,3%, vale a dire poco meno di 220.000 unità. Tale percentuale scende al 26,7% tra le donne (circa 100.000 unità) ed è pari al 36,3% tra gli uomini (circa 120.000). Nella popolazione generale il corrispondente tasso di occupazione totale è salito nel dicembre 2022 al 60,5%, il valore più alto dal 1977, ma i tassi di occupazione di uomini e donne continuano a restare molto distanti (rispettivamente 69,5% e 51,4%), con un gap di genere pari a 18,1 punti percentuali.
Tra il tasso di occupazione delle donne in generale e quelle con disabilità il divario raggiunge addirittura 25 punti percentuali.
Ma il dato che anche preoccupa è che il 15,1% delle donne disabili in età lavorativa è in cerca di occupazione: si tratta di circa 50.000 donne, per lo più di giovane età, che vorrebbero contribuire all’economia nazionale partecipando attivamente al mercato del lavoro ma ne vengono praticamente respinte.
Il 3,6% dei disabili è studente, con leggera prevalenza delle donne (3,9%) rispetto agli uomini (3,2%); il 12,6% risulta, invece, inabile al lavoro per via, evidentemente, di limitazioni estreme che riguardano più gli uomini (16,1%) che le donne (9,3%).
Il restante 34,4% delle persone con disabilità in età lavorativa (in prevalenza femmine con una quota pari al 45%, rispetto al 23,1% dei maschi) si trova in “altra condizione professionale”: si tratta per lo più di donne casalinghe o che hanno già raggiunto i requisiti per la pensione o di persone ormai disilluse che hanno rinunciato a cercare un posto di lavoro.

Tav. 1 – Persone disabili per condizione professionale e sesso
(valori percentuali)

Fonte: ISTAT – Conoscere il mondo della disabilità

       
Condizione professionale Maschi Femmine TOTALE
       
Occupato 36,3 26,7 31,3
       
In cerca di occupazione 21,2 15,1 18,1
       
Studente 3,2 3,9 3,6
       
Inabile al lavoro 16,1 9,3 12,6
       
Altra condizione 23,1 45,0 34,4
       
TOTALE 100,0 100,0 100,0

 

  • Le donne disabili per causa di lavoro

 

Ogni anno si verificano, tra le donne lavoratrici, circa 246.000 eventi lesivi (230.000 infortuni sul lavoro e 16.000 malattie professionali) che rappresentano oltre un terzo dei 705.000 casi (645.000 infortuni e 60.000 malattie professionali) che si registrano complessivamente nel nostro Paese.

Si tratta per la grande maggioranza di eventi che comportano in genere inabilità temporanea al lavoro o inabilità permanente di lieve entità. C’è tuttavia un numero elevato di decessi e di eventi di alta o addirittura assoluta gravità che, secondo la definizione adottata da INAIL vengono classificati “disabili da lavoro”. Con tale termine si intendono coloro che hanno subito una menomazione di particolare gravità (grado compreso tra 16% e 100%) ed hanno pertanto diritto ad un sostegno particolare compreso quello economico continuativo di una rendita vitalizia.

Ogni anno circa 2.000 donne diventano “disabili da lavoro” a seguito di un infortunio o una malattia professionale, su un totale complessivo di circa 12.000.

Alla data del 31 dicembre 2021, i “disabili da lavoro” rilevati dall’INAIL sulla base del sistema classificatorio citato, sono circa 533.000, dei quali oltre 78.000 donne. Dunque, per quanto riguarda il sesso, si riscontra una nettissima prevalenza della componente maschile (pari all’85,4% del totale) rispetto a quella femminile (pari al 14,6%), in netto contrasto con quanto si verifica per la disabilità in generale, dove le donne rappresentano i due terzi del totale. Non va dimenticato, a tale proposito, che si sta parlando di disabili da lavoro e che in questo senso gli uomini risultano penalizzati da una maggiore presenza in quelle attività lavorative esposte a più elevati rischi di infortunio, quali le Costruzioni, la Metallurgia, i Trasporti, l’Agricoltura ecc. dove, generalmente, la presenza femminile è molto più contenuta e limitata per lo più a ruoli di natura amministrativa o impiegatizia-dirigenziale.

 

Tav. 2 – Disabili da lavoro per sesso e tipo di disabilità, al 31.12.2021
           
  TIPO DISABILITA’ ALTRE E TOTALE
SESSO MOTORIA PSICO- CARDIO- INDETERM.
       
  SENSORIALE RESPIRATORIA  
  278.338 110.443 24.498 119.531 532.810
TOTALE
  232.211 101.331 21.591 99.631 454.764
MASCHI
           
FEMMINE 46.127 9.112 2.907 19.900 78.046
           
% femmine 16,6 8,2 11,9 16,6 14,6
 

Fonte: INAIL – Banca dati disabili

   

 

Dall’analisi delle varie tipologie di disabilità emerge che la maggioranza delle 78.000 donne disabili la maggior parte, circa 46.000 pari al 59,1% del totale, ha limitazioni di natura motoria che possono riguardare gli arti inferiori o superiori ovvero la colonna vertebrale.

Circa 9.000 donne, pari all’11,7% del totale, ha disabilità di natura psico-sensoriale, costituite prevalentemente da limitazioni nel sentire (ipoacusia o sordità), nel vedere (ipovedenti o ciechi), nel parlare o da problemi di natura psichica o mentale. Le disabili di natura cardio-respiratoria sono poco più di 2.900, che corrispondono al 3,7% del totale. Il restante 25,5%, quasi 20.000 donne disabili, rientra invece nella categoria denominata “altre e indeterminate” dove sono comprese tutte le altre varie tipologie di menomazione per le quali, precisa INAIL, le informazioni presenti negli archivi gestionali non hanno consentito una attribuzione univoca o prevalente ad una specifica delle tre tipologie di disabilità definite.

La quota di presenza femminile tra i disabili da lavoro, mediamente pari al 14,6%, risulta più elevata nella disabilità di natura motoria (16,6%) e molto più ridotta nelle altre due tipologie di disabilità (rispettivamente 8,2% nella disabilità psico-sensoriale e 11,9% in quella cardio-respiratoria).

La stragrande maggioranza delle donne disabili da lavoro, circa 68.000 pari all’86,8% del totale, è stata vittima di un infortunio, rispetto alle 10.000 donne che derivano la loro disabilità dall’aver contratto una malattia professionale: D’altra parte, come si era già accennato in precedenza, da sempre gli infortuni sul lavoro hanno avuto una consistenza, sia in termini di denunce che di indennizzi, molto più alta rispetto alle patologie professionali. Anche se va detto che negli ultimi anni ad un andamento tendenzialmente costante degli infortuni fa riscontro una crescita molto sostenuta delle malattie professionali, in particolare quelle legate all’apparato osteo- articolare.

Naturalmente per la disabilità motoria, la causa è legata quasi esclusivamente (95,1%) all’impatto traumatico che caratterizza l’infortunio sul lavoro; mentre per la disabilità psico-sensoriale e soprattutto per quella cardio-respiratoria risulta nettamente prevalente l’effetto subdolo e prolungato dell’insorgenza della malattia professionale.

 

Tav. 3 – Donne disabili da lavoro per tipo di evento e disabilità,

al 31.12.2021 (valori percentuali)

         
  TIPO DISABILITA’ TOTALE
TIPO DI EVENTO MOTORIA PSICO- CARDIO-
  SENSORIALE RESPIRATORIA
  95,1 55,1 29,8  
Infortuni 86,8
  4,9 44,9 70,2  
Malattie professionali 13,2
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: INAIL – Banca dati disabili  
           

 

La stragrande maggioranza delle donne disabili, circa 63.600 pari all’81,5% del totale, presenta il livello di disabilità più basso (grado di inabilità fino al 33%) classificato come “medio”; il 16,3% (circa 12.700 donne) presenta un livello di disabilità classificato “grave”, con grado cioè compreso tra 34% e 66%. Molto più limitato è il numero delle disabili con livello definito “molto grave” (grado 67% – 99%) che risulta di circa 1.250 unità pari all’1,6% del totale.

Fortunatamente soltanto lo 0,6% del totale, vale a dire meno di 500 donne, hanno una invalidità “assoluta” del 100% che le costringe a vivere una totale immobilità (nel caso, ad esempio, della tetraplegia) o una cecità totale, o altre tipologie di menomazione di gravità estrema.

La quota di donne disabili con livello di gravità del 100% è nettamente più elevata nell’ambito della tipologia psico-sensoriale che, con oltre 280 unità, raggiunge il 3,1% del totale di questa tipologia di disabilità.

I limiti di grado percentuale adottati dall’INAIL per la classificazione dei livelli di disabilità, così come gli altri parametri di natura psicofisica, sono stati selezionati da un gruppo di professionisti interni all’Istituto, sulla base di criteri di natura sia medico-legale che socio-previdenziale.

 

Tav. 3 – Donne disabili da lavoro per livello e tipo di disabilità, al 31.12.2021

           
LIVELLO DI DISABILITA’ TIPO DISABILITA’ ALTRE E TOTALE
(classe di grado) MOTORIA PSICO- CARDIO- INDET.
  SENSORIALE RESPIRATORIA  
MEDIO 39.662 6.701 2.100 15.156 63.619
 

(fino a 33%)

GRAVE 5.865 1.832 736 4.203 12.686
(34% – 66%)
MOLTO GRAVE 499 247 56 447 1.249
(67% – 99%)
ASSOLUTO 101 282 15 94 492
(100% – 100% APC)
           
TOTALE

 

46.127

 

9.112

 

2.907

 

19.900

 

78.046

 

Fonte: INAIL – Banca dati disabili      
               

 

Per quanto riguarda, infine, la situazione dell’inserimento al lavoro delle donne disabili, nelle statistiche della Banca dati disabili dell’INAIL, la condizione professionale attuale dei disabili da lavoro è rilevabile solo per i lavoratori dell’Industria e servizi, in quanto l’Istituto dispone delle informazioni necessarie solo per questa gestione. Per quanto riguarda l’Agricoltura, infatti, il rapporto assicurativo con le aziende è trattato direttamente dall’ INPS nell’ambito della cosiddetta gestione a contribuzione unificata INAIL-INPS; mentre la gestione del rapporto assicurativo con i dipendenti dello Stato è competenza diretta delle Amministrazioni statali.

Va detto inoltre che, non essendo disponibile in Banca Dati disabili INAIL la tabella sulla condizione professionale dei disabili, si è adottata una tavola rilevata dalla stessa Banca dati alcuni anni fa, ritenendola ancora oggi sostanzialmente valida. Fatte queste doverose premesse, va detto che la situazione dell’attuale condizione professionale delle donne disabili è influenzata notevolmente dalla loro età media che è molto avanzata. Ben il 56,7% delle donne disabili (circa 31.000), sono in età di pensione e perciò considerate inattive. Per il resto per il 40% risultano invece occupate (circa 22.000) e solo 1.800 circa (pari al 3,3%) non risultano occupate pur essendo in età lavorativa. È del tutto evidente che, oltre all’età, esiste una stretta connessione tra lo status di disoccupate ed il livello di gravità della disabilità: si è visto in precedenza che il 2,2% delle donne disabili ha una disabilità classificata “molto grave” o “assoluta” vale a dire con grado di invalidità superiore al 66%.

 

Tav. 4 – Donne disabili da lavoro per condizione professionale attuale e tipo di disabilità.

Gest. Industria e Servizi

(valori percentuali)

           
CONDIZIONE TIPO DISABILITA’ ALTRE E TOTALE
PROFESSIONALE ATTUALE MOTORIA PSICO- CARDIO- INDET.
  SENSORIALE RESPIRATORIA  
           
OCCUPATE 51,8 36,8 28,2 24,0 40,0
           
NON OCCUPATE 3,3 2,7 2,4 3,8 3,3
           
IN ETA’ NON LAVORATIVA 44,9 60,5 69,4 72,2 56,7
           
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
           
Fonte: INAIL – Banca dati disabili        

 

In conclusione, le donne disabili da lavoro hanno un tasso di occupazione del 40%, significativamente superiore a quello che si era visto per le donne disabili in generale (pari al 26,7%) ma tuttavia bisogna considerare, innanzitutto, che si tratta di donne che già lavoravano e, inoltre, essendo, per la stragrande maggioranza dei casi, di grado di inabilità inferiore al 33%, hanno potuto in buona parte continuare a lavorare o, data l’età media molto elevata delle donne con rendita di inabilità permanente attualmente in vigore (superiore ai 70 anni), sono già andate in pensione. Il tasso di occupazione più elevato si registra tra le donne con disabilità motoria (51,8%), contro il 36,8% delle disabili psicosensoriali e il 28,2% di quelle cardiorespiratorie.