Disabili e sessualità: un bene primario che è diritto di tutti di Franco D'Amico

Istruzione, salute, beni primari: condurre insomma una vita normale e dignitosa sono diritti di tutti. Anche la pratica sessuale è un diritto, perché rappresenta uno dei bisogni propri degli esseri viventi, indipendentemente dalla specie e, come tale, non andrebbe negato a nessuno. Tutto questo può essere considerato banale e scontato per le persone cosiddette “normodotate”, il sesso fa parte della loro vita quotidiana, è del tutto normale, ma per le persone in carrozzina, amputate o con disabilità mentali il sesso è considerato ancora oggi in Italia un sorta di tabù. Anche se, va detto, negli ultimi anni vi è stato qualche tentativo di intervento legislativo teso a sfatare questo tabù. In Olanda, Germania, Belgio e Paesi Scandinavi, sono stati da tempo istituiti appositi servizi di “assistenza sessuale per i disabili” che offrono ai disabili dei due sessi (compresi gli omosessuali) prestazioni di assistenza specialistica per la pratica sessuale. Nel nostro Paese, in base ai risultati di un sondaggio su “Disabili e sessualità” proposto recentemente su Internet, gran parte dei disabili ha affermato che volentieri si rivolgerebbe ad un servizio di “assistenza sessuale”. I risultati del sondaggio sono, del resto, molto chiari: il 77% dei disabili interpellati si dichiarano sostanzialmente favorevoli all’istituzione di un servizio di assistenza sessuale. Questo dato va suddiviso tra chi “prenderebbe in considerazione questa proposta” (44%), chi l’accetterebbe purché si tratti di assistenza da parte di veri professionisti (26%), e chi infine “non ne farebbe uso, ma non ci vede nulla di male” (7%). Ma va anche detto che un buon 5% non approva questa iniziativa perché “sarebbe come legalizzare la prostituzione”.
Sul piano quantitativo, come evidenziato più volte dall’ ISTAT, non esiste un’anagrafe delle persone con disabilità. Secondo le più recenti stime effettuate dallo stesso ISTAT, sono quasi tre milioni i disabili che vivono in Italia, una cifra che rappresenta il 5% della popolazione. Due disabili su tre (precisamente il 66,2%) sono donne: ce ne sono 1 milione 700 mila, cioè il 6,1% di tutte le donne italiane (contro il 3,3% degli uomini). Una particolarità spiegabile con la maggiore presenza di donne anziane, in virtù della loro maggiore longevità rispetto ai maschi.  Tra i disabili considerati più gravi, circa 700 mila persone hanno problemi di movimento, oltre 200 mila sono persone con difficoltà psico-sensoriali, quasi 400 mila hanno limitazioni che impediscono le normali funzioni della vita quotidiana (cura della persona, mettersi a letto, vestirsi, mangiare da solo, etc). Un totale di circa 1,3 milioni di disabili che, dal punto di vista della vita sessuale, si potrebbero definire potenzialmente “non autonomi”.
Se si considera, infine, che sui 3 milioni di disabili complessivi quelli in età compresa tra i 15 e i 74 anni sono poco più di 1 milione, vale a dire circa un terzo del totale, si può stimare che i disabili che presentano difficoltà nel praticare una normale attività sessuale e che potrebbero potenzialmente usufruire di un servizio di assistenza sessuale, si dovrebbero aggirare intorno alle 400/450.000 unità. Di questi, sulla base dei dati ricavati dalla “Banca dati disabili” dell’INAIL, si può ulteriormente stimare che circa 20.000 (quasi il 5% del totale) sono disabili per cause lavorative (infortuni sul lavoro o malattie professionali).