Ministero Lavoro: condizioni abitative migranti sfruttati in agricoltura

Roma, 19 luglio 2022. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato il Rapporto “Le condizioni abitative dei migranti che lavorano nel settore agroalimentare”, elaborato insieme all’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani.
Il Rapporto è stato realizzato nell’ambito del Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020-2022. Più nel dettaglio, circa la metà dei Comuni italiani ha partecipato all’indagine circa presenze, flussi, caratteristiche dei lavoratori agricoli migranti e sistemazioni alloggiative. Tra questi, 38 Comuni hanno segnalato la presenza di 150 insediamenti informali o spontanei non autorizzati, come baraccopoli e tendopoli. Si tratta sia di realtà limitate composte da insediamenti di piccole dimensioni ma anche di veri e propri “ghetti” noti alle cronache. A livello territoriale, guidano la classifica le zone del Sud Italia, ma il fenomeno è esteso a tutto il Paese.
Degno di nota è il fatto che «non c’è una diretta rispondenza fra le presenze di lavoratori e quelle di insediamenti informali»: ad esempio, nonostante il Piemonte registri il maggior numero di Comuni con la presenza di lavoratori migranti in agricoltura, lo stesso rappresenta anche la Regione con il maggior numero di insediamenti formali.
Tuttavia, è anche da evidenziare che il fenomeno degli insediamenti informali fatica ad essere sradicato. Basti pensare che la maggior parte degli insediamenti informali mappati è presente sul territorio comunale da molti anni: ben 11 insediamenti esistono da più di 20 anni, 7 insediamenti sono presenti da oltre 10 anni e 16 da oltre 7 anni. Questi insediamenti informali, dove in genere non vi sono servizi essenziali, sono abitati da oltre 10.000 persone che vivono in condizioni estremamente precarie e in zone remote, molto lontane dal luogo di lavoro. Questa situazione facilita il ricorso ai caporali (25,8% dei casi) e ai trasporti inadeguati che causano numerose morti.
Molto diversa è invece la situazione negli insediamenti formali. In questi luoghi, nella maggior parte dei casi sono presenti servizi che favoriscono l’integrazione dei migranti e gli interventi socio-sanitari. Inoltre, nel 70% dei casi sono presenti servizi di mediazione culturale e assistenza sociale. Questa disparità nelle condizioni di vita tra insediamenti formali e informali si riflette sulle infiltrazioni del caporalato. Se negli insediamenti informali si segnalano episodi di caporalato nel 25,8% dei casi, in quelli formali il dato crolla al 10,4%.
È importante evidenziare che i risultati del Rapporto hanno permesso al Ministero del Lavoro di selezionare le amministrazioni locali destinatarie dei 200 milioni di euro che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha stanziato per contrastare gli insediamenti e le condizioni abitative che ledono i diritti e la dignità delle persone.
Questi fenomeni, infatti, non sono riconducibili a problematiche esclusivamente abitative, ma riguardano direttamente le condizioni lavorative, sociali ed economiche di interi territori. Lo sfruttamento dei lavoratori stranieri ha infatti permesso di sostituire i lavoratori autoctoni e di radicare la presenza del caporalato, innalzando i margini di profitto dei proprietari terrieri e calpestando i diritti fondamentali dei lavoratori. Il contrasto al fenomeno, allora, parte proprio dalla eliminazione della segregazione spaziale e abitativa dei lavoratori sfruttati.

(Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 19 luglio 2022)