L’INAIL assicura anche i detenuti che fanno lavori di pubblica utilità a cura di Mauro Dalla Chiesa, legale patronato ANMIL di Varese

Roma, 25 giugno 2020 – Anche i detenuti che svolgono lavori di pubblica utilità avranno una copertura assicurativa. L‘INAIL, con Circolare n. 2 del 10 gennaio 2020, ha comunicato l’estensione della copertura assicurativa contro le malattie e gli infortuni prevista dall’articolo 1, comma 312, Legge n. 208/ 2015, ai detenuti e agli internati impegnati in lavori di pubblica utilità ai sensi dell’articolo 20- ter, Legge n. 354/ 1975, a decorrere dall’anno 2020.
La circolare ha esteso la copertura assicurativa anche ai detenuti e agli internati impegnati in lavori di pubblica utilità. Sono, pertanto, coperti dal Fondo i seguenti soggetti:
– beneficiari di ammortizzatori e di altre forme di integrazione e sostegno del reddito, coinvolti in attività di volontariato a fini di utilità sociale in favore di comuni o enti locali;
– detenuti e internati impegnati in attività volontarie e gratuite;
– stranieri richiedenti asilo in possesso del relativo permesso di soggiorno;
– soggetti impegnati in lavori di pubblica utilità, compresi appunto i detenuti e internati.
Il lavoro di pubblica utilità (Lpu) è ritenuto una sanzione penale sostitutiva e consiste nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti e organizzazioni di assistenza sociale o volontariato. La prestazione di lavoro, ai sensi del decreto ministeriale 26 marzo 2001, viene svolta a favore di persone affette da Hiv, portatori di handicap, malati, anziani, minori, ex detenuti o extracomunitari; oppure nel settore della protezione civile, della tutela del patrimonio pubblico e ambientale o in altre attività pertinenti alla specifica professionalità del condannato.
L’attività viene svolta presso gli Enti che hanno sottoscritto con il Ministro, o con i Presidenti dei Tribunali delegati, le convenzioni previste dalla legge.
Originariamente, la sanzione era prevista nei procedimenti di competenza del giudice di pace, e poi è stata allargata a numerose e diverse fattispecie penali, che hanno configurato il lavoro di pubblica utilità come una modalità di riparazione del danno collegata all’esecuzione di diverse sanzioni e misure penali, che vengono eseguite nella comunità.
Attualmente trova applicazione anche nei casi di violazione del Codice della strada; nei casi di violazione della legge sugli stupefacenti, ai sensi dell’art. 73 comma 5 bis del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309; come obbligo dell’imputato in stato di sospensione del processo e messa alla prova, ai sensi dell’art. 168 – bis del codice penale, introdotto dalla Legge 28 aprile 2014 n. 67.
L’Ufficio di esecuzione penale esterna (Uepe) può essere incaricato dal giudice di verificare l’effettivo svolgimento dell’attività lavorativa a favore della collettività, eseguita presso gli Enti convenzionati. Nei casi di sospensione del procedimento e messa alla prova l’Uepe ha il compito specifico di definire con l’imputato la modalità di svolgimento dell’attività riparativa, tenendo conto delle attitudini lavorative e delle esigenze personali e familiari, raccordandosi con l’ente presso cui sarà svolta la prestazione gratuita. Il lavoro di pubblica utilità diventa parte integrante e obbligatoria del programma di trattamento per l’esecuzione della prova che è sottoposto alla valutazione del giudice nel corso dell’udienza.

Per informazioni sui temi trattati e sui servizi associativi
è possibile chiamare il Numero Verde ANMIL gratuito 800.180943,
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