Vi raccontiamo tutte le novità del decreto dignità a cura dell'Ufficio Salute e Sicurezza ANMIL

Il 2 luglio 2018 è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il “Decreto dignità”, contenente una serie di misure urgenti volte a tutelare e garantire “la dignità dei lavoratori e delle imprese”. Il Decreto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale venerdì 13 luglio ed entrato in vigore il giorno successivo, è composto da un totale di cinque capi, a loro volta contenenti quindici articoli complessivi. In attesa dell’avallo del Parlamento (o di eventuali modifiche apposte dalle camere) dell’atto, ecco una rapida disamina delle principali novità da esso introdotte, prestando maggiore attenzione a quelle più strettamente collegate al diritto del lavoro, ma garantendo una panoramica generale anche su aspetti più periferici.
All’interno del Capo I, recante “Misure per il contrasto al precariato”, si dispone che, garantita la possibilità di stipulare liberamente il primo contratto a tempo determinato, di durata non superiore a 12 mesi di lavoro, l’eventuale rinnovo dello stesso sarà possibile solamente a fronte di esigenze “temporanee ed oggettive”, “connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria” o “relative a lavorazioni e a picchi di attività stagionali”. Solo in presenza delle suddette condizioni, già a partire dal primo contratto sarà possibile apporre un termine che non superi i 24 mesi, esclusi i contratti per attività stagionali e quelli riguardanti la pubblica amministrazione. Si prevede, inoltre, l’aumento di mezzo punto percentuale del contributo addizionale per ogni rinnovo del contratto a tempo determinato, garantendo la possibilità di prorogare contratti a termine per un massimo di quattro volte (rispetto alle cinque precedentemente previste): superato il quarto rinnovo, il contratto si trasformerà in un contratto a tempo indeterminato. Ad ulteriore tutela dei lavoratori, è stato aumentato fino a 180 giorni il termine entro il quale è possibile consentire l’impugnazione di un contratto, estendendo così la possibilità per il lavoratore di denunciare un eventuale abuso, rispetto ai 120 giorni precedentemente previsti. Modificata anche la parte relativa alla tutela verso i licenziamenti nei contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti: se infatti il licenziamento non è per giustificato motivo oggettivo, giustificato motivo soggettivo o giusta causa, l’indennità spettante al lavoratore sale da un minimo di 6 (prima 4) ad un massimo di 36 mensilità (prima 24).
Passando all’analisi del Capo II, recante “Misure per il contrasto alla delocalizzazione e la salvaguardia dei livelli occupazionali”, sono qui in primis ridefiniti i divieti e le conseguenti sanzioni derivanti dalla delocalizzazione di imprese che abbiano beneficiato di aiuti di Stato da non più di cinque anni, imponendo loro l’immediata decadenza del beneficio e una sanzione pecuniaria dal doppio al quadruplo della cifra ricevuta. In particolare, tale vincolo si applica tanto verso Stati europei, quanto verso Stati extra europei, eliminando la precedente soglia di tolleranza riservata alla delocalizzazione verso Stati facenti parte dell’Unione. Si prevede inoltre l’obbligo di mantenere il personale impiegato presso l’unità produttiva beneficiaria degli aiuti per un periodo pari ad almeno dieci anni, imponendo, in caso contrario, la revoca totale o parziale dei benefici concessi. Lo stesso può dirsi anche per i benefici derivanti dal cosiddetto “iper-ammortamento”: il Decreto introduce infatti un meccanismo in base al quale le agevolazioni previste possano essere revocate in caso di cessione a titolo oneroso o delocalizzazione dei beni in questione.
Terminato l’excursus più strettamente attinente all’ambito giuslavoristico, il Capo III contiene “Misure per il contrasto alla ludopatia”. In esso si dispone il divieto di pubblicizzare, tramite qualsivoglia vettore, giochi o scommesse con vincite in denaro, fatte salve le lotterie nazionali ad estrazione differita, le manifestazioni di sorte locali e i loghi sul gioco sicuro e responsabile dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Quanto alle sanzioni, si prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari al 5% del valore della pubblicità, e comunque non inferiore ad un importo minimo di € 50.000.
Infine, nel Capo IV, recante “Misure in materia di semplificazione fiscale”, trova spazio una revisione del cosiddetto “redditometro”, prevedendo che gli elementi indicativi della capacità contributiva siano individuati tramite decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze (ovvero l’attuale Ministero per lo sviluppo economico), da pubblicare in Gazzetta Ufficiale ogni due anni, dopo aver ascoltato l’ISTAT e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori. Si prevedono inoltre il rinvio della prossima scadenza per l’invio dei dati delle fatture emesse e ricevute (“spesometro”), slittato al 28 febbraio 2019, e l’abolizione del cosiddetto “split payment” per i professionisti.

Pubblicato il 19 luglio 2018