L’allarme sul divario retributivo di genere in Sanità

Roma, 22 luglio 2022 – L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) hanno pubblicato un rapporto congiunto che mette in luce il divario retributivo di genere nel settore sanitario e assistenziale. Il rapporto contiene l’analisi più completa al mondo sulle disuguaglianze retributive di genere a livello settoriale, analizzando i dati di 54 Paesi del mondo, che insieme rappresentano circa il 40% dei dipendenti salariati del settore a livello globale.
In linea generale, le donne nel settore sanitario e assistenziale subiscono un divario retributivo di genere più ampio rispetto ad altri settori economici, guadagnando in media il 24% in meno rispetto ai coetanei uomini. Più in particolare, tale divario si attesta intorno al 20% ma sale a 24 punti percentuali se si tiene conto di fattori quali età, livello di istruzione e orario di lavoro. Questo dato mostra chiaramente che, in Sanità, le donne sono sottopagate rispetto ai colleghi uomini.
Riguardo alle cause, il rapporto ammette che il divario salariale è in gran parte inspiegabile, forse a causa della discriminazione nei confronti delle donne, e acquisisce particolare risalto proprio in questo settore dove le donne rappresentano il 67% degli operatori sanitari e assistenziali in tutto il mondo.
In altre parole, i fattori come l’età, l’istruzione e l’orario di lavoro incidono in misura non significativa sulla disparità retributiva: le ragioni per cui le donne sono pagate meno degli uomini con profili simili nel mercato del lavoro del settore sanitario e assistenziale rimangono, in larga misura, non spiegate dai fattori del mercato del lavoro.
Per di più, è importante evidenziare che i salari nel settore sanitario e assistenziale tendono ad essere complessivamente inferiori rispetto ad altri settori economici: questo fenomeno è coerente con la constatazione che i salari sono spesso più bassi nei settori economici in cui le donne sono predominanti. Inoltre, le donne tendono ad essere sotto-rappresentante nelle categorie retributive più elevate e, contrariamente, sono sovra-rappresentate tra gli operatori con livelli retributivi più bassi.
Nonostante il ruolo svolto dagli operatori sanitari e assistenziali durante la pandemia, si sono registrati solo miglioramenti marginali nella parità retributiva tra il 2019 e il 2020.
Si assiste inoltre a un preoccupante problema di conciliazione vita-lavoro per le lavoratrici del settore. Più in particolare, durante gli anni riproduttivi di una donna, il divario di genere sotto il profilo retributivo e occupazionale aumenta in modo significativo. Queste lacune, poi, persistono durante tutta la vita lavorativa di una donna.
Alla luce dei risultati illustrati nel rapporto, Manuela Tomei, Direttore del Dipartimento Condizioni di Lavoro e Uguaglianza dell’OIL, ha affermato che non è possibile avere servizi sanitari e assistenziali di qualità senza condizioni di lavoro migliori e più eque per gli operatori sanitari e assistenziali, la maggior parte dei quali sono donne.
È per questo motivo che il rapporto suggerisce di congegnare azioni politiche concrete per ridurre la segregazione di genere – sia orizzontale che verticale – nell’occupazione del settore sanitario e assistenziale. Queste azioni possono essere intraprese attraverso diversi piani di intervento, tra cui: attrarre più uomini nelle categorie occupazionali di livello medio nel settore sanitario e assistenziale; fornire formazione e pari opportunità di mobilità verso l’alto per le donne che operano nel settore della salute e dell’assistenza; sensibilizzare e supportare le ragazze e le donne nelle carriere degli ambiti di scienze, tecnologia, ingegneria e matematica (STEM).
Inoltre, è necessario puntare sulla formalizzazione del lavoro attraverso la promozione di contratti di lavoro e di accordi collettivi che fissino gli standard di tutela e la parità di trattamento tra uomini e donne a livello settoriale. Come ultimo punto, il rapporto suggerisce di istituire strumenti sulla trasparenza retributiva per combattere la discriminazione salariale.

 

(Fonte: Organizzazione Internazionale del Lavoro, 13 luglio 2022)