12 novembre 2019 – “Nel caso di infortunio mortale occorso ad un lavoratore, il valore capitale della rendita costituita dall’INAIL in favore dei congiunti, ai sensi dell’Art. 85 del DPR 1124/1965, non può essere defalcato dal risarcimento del danno non patrimoniale spettante ai medesimi soggetti”.
Questo è il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 26647 del 18 ottobre 2019 che interviene sull’annosa questione del risarcimento del danno differenziale in favore del soggetto danneggiato e dell’eventuale diritto di surrogazione dell’INAIL.
Questi i presupposti della vicenda:
a seguito di un infortunio mortale in itinere, i congiunti della vittima convenivano davanti al Tribunale di Trani le compagnie assicuratrici dei mezzi coinvolti chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni patiti in conseguenza del sinistro. Nel giudizio interveniva volontariamente l’INAIL, allegando la costituzione di una rendita ai superstiti ed esercitando per l’effetto l’azione di surrogazione nei confronti delle due imprese assicuratrici convenute per il recupero degli importi erogati.
Il Tribunale rigettava la domanda, assumendo la responsabilità esclusiva della vittima nell’incidente.
La Corte d’Appello di Bari, viceversa, attribuiva una corresponsabilità pari al 30 % al conducente dell’altro veicolo coinvolto, e monetizzava di conseguenza il danno non patrimoniale patito dai congiunti, rigettando la domanda di risarcimento da questi sollevata (assumendo l’avvenuta integrale compensazione con la rendita erogata dall’INAIL poiché superiore) e condannando l’impresa assicuratrice a rifondere all’INAIL il 30 % del danno non patrimoniale patito dai congiunti.
I congiunti adivano dunque la Corte di Cassazione assumendo che la Corte d’Appello avesse operato illegittimamente la compensatio lucri cum damno tra la rendita ai superstiti corrisposta dall’INAIL ed il risarcimento del danno non patrimoniale ad essi spettante. Anche l’INAIL, con ricorso incidentale, lamentava che la propria richiesta fosse stata accolta nei limiti di € 91.200 pari al danno morale liquidato in favore dei congiunti, nonostante avesse costituito in favore dei superstiti rendite del valore complessivo di € 500.000. Entrambi i motivi di ricorso sono state ritenuti fondati sulla scorta dei seguenti ragionamenti:
– quanto al primo motivo, la Suprema Corte è partita dal presupposto che, in caso di uccisione di un lavoratore, l’INAIL corrisponde ai congiunti che posseggono i requisiti di legge una rendita il cui unico scopo è quello solidaristico di sollevare i congiunti del defunto dallo stato di bisogno in cui la legge presume che essi verrebbero a trovarsi in conseguenza della perdita del contributo economico che il lavoratore deceduto apportava alla famiglia. La rendita dunque ha lo scopo di indennizzare un pregiudizio patrimoniale, e non certo un danno non patrimoniale. Ne consegue che le somme erogate dall’INAIL per il suddetto titolo non possono essere defalcate dal credito risarcitorio spettante ai congiunti del lavoratore deceduto a titolo di ristoro del danno non patrimoniale patito – sotto qualsiasi forma – in conseguenza dell’infortunio.
Basandosi su questo ragionamento, la Suprema Corte ha dunque cassato la sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Bari per esaminare nuovamente l’appello proposto dai congiunti sulla scorta del seguente principio di diritto: “nel caso di infortunio mortale occorso ad un lavoratore, il valore capitale della rendita costituita dall’INAIL in favore dei congiunti, ai sensi dell’Art. 85 del DPR 1124/1965, non può essere defalcata dal risarcimento del danno non patrimoniale spettante ai medesimi soggetti”.
– Quanto al motivo di ricorso dell’INAIL, la Suprema Corte afferma che la decisione adottata dalla Corte d’Appello è totalmente immotivata in quanto la rendita pagata dall’INAIL ai superstiti, come già detto, indennizzava un pregiudizio patrimoniale e di conseguenza l’INAIL aveva diritto di surrogarsi nel credito risarcitorio vantato dal danneggiato a titolo di danno patrimoniale e non già nel credito vantato a titolo di danno morale, come in effetti avvenuto. D’altra parte se il danneggiato ha sofferto un danno patrimoniale ed uno non patrimoniale e l’assicuratore sociale indennizza il primo, il credito che per effetto della surrogazione muterà soggetto attivo sarà solo quello avente ad oggetto il risarcimento del danno patrimoniale e non l’altro.
Tuttavia, nel giudizio di secondo grado, è stato fatto l’errore di non valutare l’entità del danno patrimoniale per lucro cessante eventualmente subito dai congiunti, per tale ragione la Suprema Corte ha ritenuto di accogliere il ricorso incidentale dell’INAIL, cassando la sentenza e rimettendo la decisone anche su questo punto alla Corte d’Appello di Bari che dovrà stabilire se l’illecito ha provocato un danno patrimoniale da lucro cessante, ed in che misura secondo la responsabilità della vittima, ed accogliere la domanda di surrogazione, operando il corretto defalco fra poste omogenee.
Infortunio mortale del lavoratore: rendita ai superstiti e diritto di surrogazione dell’INAIL a cura dell'Ufficio Affari Legali

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